replicr, 2019: un ritorno deludente per i 65daysofstatic
Dal 2004, anno del debutto The Fall of Math, sono cambiate diverse cose nel mondo dei 65daysofstatic: in primis il sound, agli esordi una miscela fra post rock e glitch, che con il tempo ha aggiunto elementi che spaziano dal math rock all’IDM.
Una serie di fattori che ha portato il gruppo inglese a comporre anche la colonna sonora del videogioco No Man’s Sky nel 2016 attraverso un lavoro che loro stessi definiscono “teoria della decomposizione”, grazie alla quale i Nostri hanno creato un ponte di collegamento essenziale fra band e strumenti elettronici.
Tre anni dopo, e a ben sei da Wild Light, pubblicano per Superball Music / Century Media il nuovo album replicr, 2019, in uscita il 27 settembre 2019. Un lavoro ansiogeno, teso, pensato per trasmette all’ascoltatore una sensazione di claustrofobia dalla quale difficilmente si riesce a scappare nel corso dei 42 minuti di musica.
Una dichiarazione d’intenti già evidente dalla breve traccia che apre l’album, pretext, un lamento soffuso, un sibilo di voce che si spegne, una fiamma che lentamente perde la sua esistenza. La successiva stillstellung esplode subito in un climax costante di frenesia, nel senso più malato del termine: è un pezzo schizofrenico, un battito cardiaco accelerato ed incontrollato.
La tensione persiste, seppur in parte affievolita, in bad age, con i sintetizzatori a far da co-protagonisti con delle chitarre stridule e sferzanti, un inno di vita che prende corpo dopo le pulsazioni impazzite. Una sensazione che dura poco, perché sister catapulta di nuovo l’ascoltatore in un tunnel senza via d’uscita, in un manifesto apocalittico che esclude la presenza di un futuro roseo. Un leitmotiv continuo, che prosegue fino a trackerplatz, che chiude l’album e lascia un ultimo fondamentale momento di speranza.
Il concept di replicr, 2019 è sicuramente interessante, soprattutto considerando i recenti avvenimenti ambientali che attanagliano il mondo, e mette i 65daysofstatic in una luce diversa. Ma, detto questo, non convince per una serie di motivi.
Il primo, quello puramente concettuale, è l’impressione a fine ascolto che poteva esserci uno sviluppo decisamente migliore.
Il secondo ha la stessa motivazione, ma dal punto di vista musicale: la sensazione intrinseca di malessere ed inquietudine che pervade l’intero album non riesce a smuoversi dalla sua comfort zone, e risulta spesso fin troppo monotona; inoltre, la presenza di tanti brevi intermezzi fa calare l’attenzione.
Il terzo, ed ultimo, riguarda l’evoluzione del gruppo, che qui per la prima volta appare totalmente dedito all’elettronica, riducendo all’osso il post rock. Insomma, va a scemare quella miscela di stili che ha da sempre contraddistinto il gruppo e che ne è stato il punto di forza.
L’impressione finale è che l’attesa per replicr, 2019 non sia stata ripagata.
Classe ’99, laureato in Lettere moderne e alla magistrale di Filologia moderna alla Federico II di Napoli.
La musica e il cinema le passioni di una vita, dalla nascita interista per passione e sofferenza.
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