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L’arte complementare di Adriano Zanni

Con Passato, presente, nessun futuro il performer e fotografo ravennate Adriano Zanni propone uno spaccato emotivo e pessimista, in cui ricerca sonora e fotografia descrivono l’avvilente mutazione sociale occorsa a partire dagli esordi della rivoluzione digitale.

Il lavoro è pubblicato per Under My Bed Recordings, a circa un anno di distanza da Ricordo quasi tutto; ed è proprio sul ricordo, nello specifico sopra una manciata di appunti e scatti lo-fi, che il musicista costruisce il suo percorso sonoro, utilizzando frammenti fotografici accumulati nel periodo tra il 2002 e il 2019.

Immagini cupe che descrivono spazi di lavoro abbandonati e, al contempo, ritraggono la natura che torna ad occupare i luoghi ad essa sottratti; ai margini di questi scenari, fotogrammi di persone immortalate nei rari istanti trascorsi lontano dallo schermo di uno smartphone. Passato, presente, nessun futuro si avvale di una formula ibrida elettroacustica, in cui materia analogica e strumentazione digitale operano in simbiosi con il field recording e il sound design, derivandone una performativa straniante e meditabonda. La timbrica, dalle svariate sfumature acusmatiche, si particolarizza di respiri ambient ed enigmatiche folate drone, a delineare, con consapevole pessimismo, le traiettorie sociali degli ultimi vent’anni. I campioni si adagiano su dense trame modulari con anatomie da musica concreta, studiata attraverso risonanze, stratificazioni di suoni trovati e aritmie. Curioso come la composizione astratta, per il tempo limitato di Zone temporaneamente autonome, muti in arrangiamenti lineari e inusuali rispetto al modus operandi che ispira il resto del disco; questo grazie alle chitarre di Stefano Santabarbara, aka My Dear Killer, a cui si deve il mastering dell’intero lavoro.

Adriano Zanni, con il suo scarno design elettronico, riesce ad impressionare pensieri ed immagini per mezzo di approcci sottrattivi e minimali, ma non per questo ne risente la complessità sensoriale. In sintesi, Passato, presente, nessun futuro si conferma un lavoro poliedrico, ricercato sia per i dettagli estetici sia per i criteri compositivi, e che non fatica a collocarsi tra i progetti italiani di ricerca sperimentale più interessanti di questo 2020. Un resoconto degli ultimi vent’anni condotto in bilico tra memoria e analisi critica, in cui suono e immagine operano con affascinante sinergia.




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