The Faintest Hint: il folk pop minimalista di Ai Aso, intimo e delicatamente vulnerabile.
Cosa c’è di più intimo di una casa, la nostra casa, dove ci si può concedere il lusso di stare in silenzio, di non dover sorridere ed essere cordiali perché le circostanze lo richiedono. Ai Aso ci fa entrare a casa sua, stanze bianche, con leggerissime tende alle finestre, dalle quali traspare una luce che illumina le poche cose importanti.
Pubblicato da Ideologic Organ lil 3 luglio 2020, mixato e masterizzato da Soichiro Nakamura alla Peace Music negli ultimi due anni, The Faintest Hint è un album folk pop minimalista, tangenzialmente sperimentale, che trae linfa dalla timbrica quasi di porcellana della songwriter nipponica Ai Aso.
Il pregio più grande di questo lavoro è probabilmente l’immediatezza, figlia di un approccio minimo alla scrittura e performance. Il disco si apre con brani quasi meditativi, Itsumo e Gone dove la chitarra di Stephen O’Malley diventa culla malinconica. Scene, che con e Sight è accompagnata dai Boris, la rock band di Tokyo, è una ballata che si caratterizza come l’outlier del disco. Quello che è evidente, è la scelta ponderata sul se e come adornare i brani con drum machines e sintetizzatori, come in Floating Rhythms che vacilla su sparute corde di chitarra. Il rischio è che ci si distragga facilmente, come in The Bright Room, dove si fatica a rintracciare il ritornello.
Un album che si esprime con parsimonia, che se nelle prime tracce aiuta a costruire un’intimità, probabilmente nelle ultime finisce per diventare vittima di sé stessa.
0805 è in questo senso il più oculato di tutti, con il numero minimo di note necessarie perché la canzone la canzone segua la propria progressione di accordi
Interpretazione strumentale e vocale così intimi da essere vulnerabili; Ai Aso ci ha aperto la sua casa, ma non del tutto, c’è ancora una stanza segreta che possiamo conoscere solo attraverso lo spioncino.
Nata ad Aversa, da qualche anno a Bologna; belli portici, il melting pot culturale, i tortellini, i concerti, ma l’umidità resta un problema serio. Osservo il mondo immaginandovi una colonna sonora e se c’è del romanticismo alla Serendipity, questa sarà sicuramente Mind Games. La prima cosa che mi interessa dei concerti sono le luci, le luci e la gente. Sogno che un giorno si ritenga importante una rubrica del tipo “La gente che va ai concerti”. Alle feste mi approprio con prepotenza, del ruolo di dj, e adoro quando arriva il momento dei Bee Gees. Faccio classifiche per ogni aspetto dello scibile umano, playlist per ogni momento topico della vita. Canzone d’amore più bella di sempre Something (ma penso di essermi innamorata con Postcards from Italy), per piangere Babe I’m gonna leave you, colazione con Mac de Marco, quando fuori è freddo i Fleet Foxes, ma se c’è divano e film, è subito Billy Joel. Riflessioni esistenziali con Bob Dylan e Coltrane, mi incanto col manuche, shampoo con Beyoncè, terno al lotto con i Beach Boys, libiiiidine con Marvin Gaye. Stupore e meraviglia con The Rain Song, Nina Simone se necessito di autostima, forza e coraggio, sogno infinito con Sidney Bechet.
Potrei continuare, ma non mi sembra il caso. Si accettano suggerimenti e elargiscono consigli.
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