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Niptaktuk, alla scoperta del misterioso Ark Zead

Ark Zead è un artista avvolto nel mistero, di lui non si sa assolutamente nulla se non che è l’autore di un ambient etereo e siderale, misterioso ed ermetico.

Pubblicato attraverso la Glacial Movements Records di Alessandro Tedeschi, Niptaktuk è il titolo del suo primo album che lo stesso Ark Zead ha commentato così: «Sono un suonatore di gong e di ciotole tibetane, interessato alle vibrazioni in modo molto usuale. Ma mi sono sentito ispirato quando ho affrontato il freddo ostile del Canada. Ho cercato storie sull’esplorazione di queste terre e sulle persone che le abitano. Ho quindi modificato i suoni delle mie vibrazioni con computer e sintetizzatori per descrivere lo stato di isolazionismo che si deve raggiungere per godere della bellezza del vero Nord».

Tuffiamoci alla scoperta di questi luoghi ibernati, sette paesaggi sonori dall’estetica apparentemente immutabile. L’opener Unnuaq si presenta come un brano ambient che emerge lentamente in un susseguirsi calmo di note rarefatte. Dieci minuti in cui veniamo accompagnati in un viaggio accogliente che evoca uno spazio mentale alternativo, un sound monolitico in equilibrio tra ipnotismo sintetico e modulazioni di rumore bianco.

In Iglu l’atmosfera diventa soffocante e rarefatta grazie ad una serie di cambi di accordi sismici con Zead che impila strati su strati di sub-bassi rimbombanti. La traccia diventa una cupa nebulosa con la sua miscela di impercettibili variazioni e abrasivi toni statici.

Un oblio uditivo che trova in Båken Nunatak un climax travolgente di malinconica tensione. La quarta traccia placa i suoni rimbombanti del precedente brano rimpiazzandoli con un crescendo di basse frequenze che si librano sopra droni polverosi raggiungendo probabilmente il momento di maggiore impatto emotivo dell’album.

Ark Zead lascia parlare la musica: Niptaktuk è un album profondo, dalla forte identità, che ha necessità di ascolti multipli per apprezzare appieno l’odissea nascosta nei suoi collage sonori tentacolari.



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