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Desire and Discontent: l’incubo dei Belief Defect

Abbiamo lasciato i Belief Defect con Decadent Yet Depraved, uscito nell’ormai lontano 2017. Li ritroviamo sette anni dopo e non c’è bisogno di un fine sociologo per evidenziare tutto ciò che è successo in questo lasso di tempo: una pandemia, tanto per dirne una, ma anche guerre, crisi economiche, una società che in tutto il mondo cambia sempre in peggio.

Non potrebbe quindi essere ancora più grave e opprimente il nuovo Desire and Discontent, in uscita il 29 novembre 2024 per Raster Media. Se il debutto si faceva apprezzare per un’ibridazione fra industrial, techno, echi power noise e addirittura ritmiche downtempo, la formula di questo secondo capitolo spinge maggiormente l’acceleratore sui già numerosi lati oscuri, alternando ritmiche marziali a improvvise aperture cinematografiche, intese nel senso più claustrofobico possibile.

Già l’opening track The Difference Between Objects mette in mostra questo dualismo, a cui contribuiscono le percussioni di Merlin Ettore, elemento portante dell’intero disco, come testimonia anche la successiva Four Questions in cui la sezione ritmica diventa martellante mentre fanno eco le parole del sociologo W.E.B. Du Bois, recitate da Cornel West.

Pezzo dopo pezzo ad emergere sono le caratteristiche già lodate in Decadent Yet Depraved, ma a colpire non è tanto la novità della proposta quanto la sua ancor più estrema evoluzione. Uncanny a momenti sembra sfociare nell’IDM, complice le dissonanze della prima parte che si trasformano in un tappeto di glitch nella seconda, mentre Void State è un pezzo politico declinato in chiave industrial, come testimoniano i ritmi marziali che evocano, di sfuggita, le marce militari. Nella parte finale del disco spazio a qualche chicca, su tutte la traccia di chiusura Celebrate Me!, con la voce robotizzata di Ana Gartner ad amalgamarsi pienamente nella distopia ritmica.

Desire and Discontent non innova, ma cementifica il sound dei Belief Defect. Il duo mancava da parecchio e il nuovo album fa esattamente ciò che doveva: riprendere un discorso interrotto, arricchirlo di nuove intuizioni e mettere basi per l’eventuale futuro. Meno sorprendente di Decadent Yet Depraved, ma sicuramente più iconoclasta.


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