Bon Iver: un ritorno alle origini per affrontare il futuro
Da oltre quindici anni, Justin Vernon ha dimostrato la propria capacità di progredire, spostandosi dal folk evocativo di For Emma, Forever Ago (2007) alla sperimentazione audace di 22, A Million (2016), un album che ha ridefinito il suo sound grazie a voci manipolate da vocoder, sintetizzatori glitchati e arrangiamenti eterei.
Con SABLE, fABLE, pubblicato l’11 aprile per Jagjaguwar, Vernon compie un significativo passo indietro, ritornando a un folk pop essenziale in cui la sua voce, elemento centrale della sua musica, si staglia prepotentemente. Questo album, il più intimo della sua carriera, è stato anticipato dall’Ep SABLE, uscito lo scorso ottobre. Un viaggio nostalgico che, pur affondando le radici nel passato, si prepara a guardare verso un futuro luminoso e innovativo.
L’album si apre con le tre tracce presenti nell’EP: THINGS BEHIND THINGS BEHIND THINGS, S P E Y S I D E e AWARDS SEASON. La prima canzone, il minimalismo ipnotico di THINGS BEHIND THINGS BEHIND THINGS, si sviluppa grazie a una combinazione avvolgente di arpeggi di chitarra, pedal steel e violino, che esaltano la morbida voce di Vernon. Questa traccia nasce come una riflessione sulla complessità della vita e sull’ostacolo del blocco mentale che il cantautore e polistrumentista statunitense ha affrontato.
S P E Y S I D E, nella sua essenziale bellezza, riesce a trasmettere un’intensità disarmante, avvolgendo l’ascoltatore in un’atmosfera intimista. Gli arpeggi prolungati della chitarra si illuminano grazie al tocco delicato del violino di Rob Moose, creando un tappeto sonoro che esalta la voce di Vernon. Con una sincerità disarmante e una profonda introspezione, il brano affronta tematiche di vulnerabilità, invitando chi ascolta a riflettere sulle fragilità umane.
Nonostante la sua brevità, Short Story è una canzone che si vorrebbe ascoltare all’infinito. Le note avvolgenti del pianoforte aprono la strada a un brano in crescendo, ricco di elementi che, a differenza dei tre precedenti, riescono a tessere una narrazione avvincente attraverso dense stratificazioni sonore.
Walk Alone si distingue per le sonorità audaci e innovative, mettendo da parte temporaneamente il folk minimalista. Vernon esplora un r&b elettronico che reinterpreta i vocoder e i flutti digitali di 22, A Million, senza compromettere l’atmosfera intimista e coinvolgente che caratterizza SABLE, fABLE.
SABLE, fABLE non è certo un disco che ti farà esclamare Wow, ma si distingue per intuizioni di scrittura e arrangiamento di rara bellezza. Bon Iver riesce comunque a portare a casa un risultato apprezzabile, nonostante ci siano alcuni momenti che risultino meno incisivi.
Nato a Caserta nel 1989, innamorato folle della musica, dell’arte e del basket. Nel lontano 2003 viene letteralmente travolto dal suo primo concerto, quello dei Subsonica, che da quel giorno gli aprirono un mondo nuovo e un nuovo modo di concepire la musica.
Cresciuto col punk e la drum and bass, ama in maniera smoderata l’elettronica, il rock e il cantautorato. Fortemente attratto dal post-rock, dalla musica sperimentale e da quella neoclassica, non si preclude all’ascolto di altri generi definendosi un onnivoro musicale.