Eno Piano: Bruce Brubaker alle prese con l’ambient di Brian Eno
Per Bruce Brubaker re-interpretare i grandi maestri del minimalismo è sempre sembrata una faccenda personale. Non dei semplici omaggi a musicisti storici, ma un modo per creare un ponte tra il suo pianoforte e quegli ascolti che l’hanno inevitabilmente influenzato. L’abbiamo, quindi, ascoltato nelle sue riletture a John Cage, Alvin Curran ma soprattutto Philip Glass, da lui eletto a guida e maestro, come dimostra l’ampia porzione di discografia dedicatagli, fra tutti Glass Piano (2015) e il più recente Glassforms (2020) in collaborazione con Max Cooper.
Ma ad un certo punto Brubaker ha deciso di passare ad un livello successivo: spostarsi dai maestri agli “allievi”. E qui subentra Brian Eno, che oggi, giustamente, viene universalmente celebrato come il gigante che è, ma che è stato, anche lui, influenzato fortemente dalla musica di Glass quando era ancora alle prime armi.
Ecco, dunque, che Eno Piano, in uscita il 10 novembre 2023 per InFinè Music, nasce da tutte queste idee: gemello ma allo stesso tempo figlio di Glass Piano, così come Eno oggi viene ricordato come genio alla pari del maestro Glass. A livello sonoro, c’è il solito Brubaker, artigiano della reinterpretazione e anche in questo caso lo schema è noto: sei pezzi del padre della musica ambient in cui si avverte tutto il rispetto e la riverenza del caso senza però lasciare da parte un tocco di personalità, che per l’occasione è rappresentato dall’utilizzo degli EBow, attraverso i quali è possibile estrarre particolari toni dalle corde del piano.
Inevitabile, considerate le premesse, riproporre quasi per intero il seminale Ambient 1: Music for Airports (1978). Il fascino dei tre brani proposti resta intatto e sarebbe stato criminale modificarne l’essenza stessa; spiccano, però, di tanto in tanto delle intuizioni che Brubaker fa sue, come negli ultimi quattro minuti di 1/1, quando entrano in gioco i toni evocati dagli EBow.
Il viaggio nell’ambient continua con la breve ma intensa The Chill Air, tratta da, a proposito di album “fratelli”, Ambient 2: The Plateaux of Mirror (1980), ma c’è addirittura spazio per By This River e Emerald and Stone, due dei brani più celebri di Eno. Se il primo mette in luce una componente cinematica quasi da colonna sonora, il secondo in chiusura esalta le qualità al piano di Brubaker come mai prima nel disco.
Eno Piano segue un canovaccio che gli apprezzatori di Bruce Brubaker già conoscono, nonostante un cambio di soggetto e delle innovazioni nelle sue interpretazioni. Con una materia sonora di base così importante (e perfetta) è sempre un azzardo mettere mano e in alcuni punti il progetto si perde e sfocia nel citazionismo, ma la bravura del pianista sta proprio nella capacità di oltrepassare questi rischi e dar vita ad un omaggio rispettoso di Eno.
Classe ’99, laureato in Lettere moderne e alla magistrale di Filologia moderna alla Federico II di Napoli.
La musica e il cinema le passioni di una vita, dalla nascita interista per passione e sofferenza.
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