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«L’arte può essere portata sul suo vero percorso solo attraverso la creazione di nuove forme che siano adeguate alle forme di vita stessa e che rispondano alle sue esigenze concrete. Invece di cercare ogni tipo di adattamento dall’esterno, ciò di cui abbiamo bisogno è l’altrettanto possibile scoperta di nuovi valori dall’interno, cioè, nel campo di quei fenomeni che sono caratteristici del tenore moderno della vita, dello stato moderno della tecnologia. In una certa misura, l’arte può diventare ingegneria».

(Jakov Cernichov)

 

Torniamo a parlare del progetto di David Gutman e Marco Mazzucchelli che avevamo tanto apprezzato con le due prime uscite, l’omonimo Ep del 2020 e The Mold Legacy del 2021, con le quali siamo venuti a contatto con il loro potente e incisivo noise/ambient.

Pubblicato tramite Mahorka Records, We are all deaf è il terzo full length per il duo italo/statunitense caratterizzato da una narrazione ansiogena e opprimente basata sulla profonda e attuale contrapposizione data dall’aspirazione umana all’esplorazione.

Le sei tracce dell’album nascono dall’interazione tra segnali emessi a basse frequenze, come la Risonanza di Schuman, che vengono modulate per creare la colonna sonora di un mondo oscuro e utopico.

Una musica impenetrabile, a tratti parecchio fisica quella dei Cernichov, come si evince dall’ascolto di Kosmodrom Bajkonur. La prima traccia è una pioggia di basse frequenze che guidano l’ascoltatore alla scoperta del proprio mondo interiore. La pulsazione viene messa in evidenza già dai primi secondi del brano con le atmosfere rarefatte segnate dalle tessiture tipiche del duo.

Prosegue il percorso sensoriale con October 1957, titolo che si rifà alla data di lancio dello Sputnik 1. Il territorio sonoro esplorato con la seconda traccia è sempre quello dell’ambient drone, ma rispetto alla precedente il suono sprigionato è molto più corposo e astratto. Tutto fluisce lentamente tra ronzii, riverberi e increspature lasciando che il suono assumi una forma più estatica e contemplativa.

In The lament of Gaia (nella mitologia greca, Gaia è la personificazione della Terra) i Cernichov tornano a sfoggiare tutta la loro vena noise: mentre la coltre di frequenze e pulsazioni inizia a penetrare progressivamente il cervello, l’eco dei battiti s’insinua tra crepe microtonali creando un effetto ipnotico.

Nonostante We are all deaf non ci racconti nulla di nuovo sui Cernichov, è un album che funziona, in cui la sofferenza e il dolore di un mondo allo sbaraglio assume un notevole peso specifico tanto da diventare essi stessi il suono del disco.



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