Daniel Van Lion e il suo eden artificiale
Due anni dopo Tropismes (Menta, 2018), Daniel Mesa in arte Daniel Van Lion, pubblica il suo secondo album. UVVA, pubblicato il 10 dicembre 2020 dalla spagnola Menta, esplora i concetti di sacro e liturgico in un contesto segnato dal progresso tecnologico, tessendo così un intero universo sonoro dove non mancano riferimenti a nuove cyberculture e a nuovi eden artificiali.
Undici tracce che nascono dalla fusione di generi diversi come l’ambient, l’industrial e l’elettronica più convenzionale per dar vita ad una musica algida e sperimentale.
I primi istanti di Preludio sono pervasi da un suono straziante, una struttura elettronica sospesa e destabilizzante, un viaggio estatico ottenuto da un mosaico di droni in cui gli unici spiragli di luce vanno ricercati nelle note del sitar. In Salmo Binnario i pattern vengono frammentati contrapponendosi a onde sonore cibernetiche modulate fino ad ottenere sonorità prismatiche. Un finale che riprende le scintillanti progressioni della musica gabber. La trasposizione visionaria di Ramma è l’immagine più fedele di un paesaggio desolante. Le fredde manipolazioni di Daniel Van Lion sono la testimonianza del collasso globale succube delle nuove tecnologie che lo stanno trasformando in un paradiso artificiale. Avvatar è un paesaggio hyper dal minimalismo digitale. Le sue note fluttuanti fanno da traino alle malinconiche melodie che pervadono la traccia. Con Oblattala narrazione si fa incalzante e avvincente, merito delle progressioni dei sintetizzatori e della combinazione snare-clap scoppiettante.
UVVA è il racconto fedele di un mondo segnato dal progresso, Daniel Van Lion è l’autore di un album immaginifico e carico di una forza narrativa devastante al pari dei suoni futuristici, ogni suono ha la stessa potenza di una parola e la stessa carica descrittiva di una immagine. UVVA è il fermo immagine di un mondo che viene soffocato dal progresso, da àncora di salvezza ad àncora che lo fa colare a picco.
Nato a Caserta nel 1989, innamorato folle della musica, dell’arte e del basket. Nel lontano 2003 viene letteralmente travolto dal suo primo concerto, quello dei Subsonica, che da quel giorno gli aprirono un mondo nuovo e un nuovo modo di concepire la musica.
Cresciuto col punk e la drum and bass, ama in maniera smoderata l’elettronica, il rock e il cantautorato. Fortemente attratto dal post-rock, dalla musica sperimentale e da quella neoclassica, non si preclude all’ascolto di altri generi definendosi un onnivoro musicale.
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