Ritorno al passato per i Death Cab For Cutie
Molti si staranno chiedendo quale sia la vera identità dei Death Cab For Cutie, strano interrogativo da porsi di fronte ad un Ep di cinque tracce di una band con più di venti anni di carriera. L’anno scorso Thank You For Today raccoglieva il 90% della formula dei Death Cab ma senza il vantaggio “emo” che in primo luogo li aveva distinti. Liricamente privo di ispirazione ha concesso ai fan il diritto di girarsi dall’altro lato di fronte all’ annuncio di The Blue, anche se il singolo Kids in 99 aveva mostrato un barlume di promessa.
Dove diavolo ha nascosto la band questa versione di se stessi fino ad oggi? I fedeli dei Death Cab For Cutie sanno che questa band ha sempre prodotto Ep incisivi e inattaccabili, versioni essenziali del canone di Ben Gibbard. L’apripista To the Ground dà il via con un flusso di feedback e forse i tamburi tinti di distorsione più aggressivi che si siano mai sentiti dalla band. Si rivela un ottimo modo per entrare in Kids in 99, in cui Gibbard si chiede dove potrebbero essere oggi i bambini che sono morti nell’esplosione della pipeline olimpica.
Il resto dell’Ep continua a sorprendere. L’autoprodotta Man in Blue è una canzone assonnata con un battito di basso palpitante che corre sotto un dolce drone e un ritmo di chitarra e Gibbard in modalità full mope. La sognante Blue Bloods costruisce lentamente strati sempre più rumorosi su se stessa e, insieme a To The Ground, costituisce uno dei brani più nitidi da molto tempo, un dolce ritorno alla formula originale. I testi non sono sempre incisivi come vorremmo (Before The Bombs) ma gli aspetti positivi in generale sono quasi sufficienti per aiutare a trascurare errori come questo.
The Blue non è forse un Ep sconvolgente come lo erano stati i precedenti, o come qualsiasi altra cosa prima di Narrow Stairs. Mancano molti degli elementi del lavoro di Gibbard che hanno reso la band così avvincente nel loro primo decennio. Tuttavia ci sono abbastanza momenti in cui si intravede la vecchia band sbirciare fuori ed è difficile non chiedersi dove abbiano nascosto le caratteristiche di cui abbiamo ricordi nostalgici e che portano a chiederci: perché non fanno più musica come una volta?
Mi chiamo Elena, sono una studentessa dell’Università di Bologna da sempre appassionata di musica. Da quando mi sono trasferita ho iniziato a frequentare il Covo Club diventando quasi un membro onorario e ciò mi ha dato la possibilità di conoscere nuove band e approfondire il mio interesse verso quelle che ascolto da sempre. Principalmente interessata di indie/britpop, shoegaze/dreampop e cresciuta con gli Arctic Monkeys sono stata a numerosi concerti, dai “big names” come Kasabian, Libertines, Black Keys, Paolo Nutini, Florence + The Machine, The Wombats, Biffy Clyro, Pixies, Queens Of The Stone Age, passando per gli italiani Verdena, Giorgio Poi, Colombre, Dunk, Baustelle fino ai festival locali come “Beaches Brew” e “Handmade”.
[gs-fb-comments]
Commenti recenti