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De Marion: il ritorno di Dario Serra alla ribalta del lo-fi

De Marion è il nick name di Dario Serra (chitarrista dei siracusani Suzanne’Silver. Si definisce un

timido songwriter barrettiano, disilluso
strimpellatore di sinistre melodie lo-fi folk blues che non
nasconde il suo amore per i fuzz, i sample inutili e gli errori di
esecuzione.

E in effetti, questa bio non può che rivelarsi lapalissiana.

Il nuovo disco, dal titolo lunghissimo, Down The Road Of Mainstream I Saw You, Canzone è stato pubblicato il 25 ottobre 2019 per la Noja Recordings e fa seguito alle due pubblicazioni precedenti della scorsa decade: De Marion (2005) and My Kingdom For A Couch (2008).

Trentatre minuti, 11 tracce, in uno zibaldone di suoni lo-fi o strimpellate melodiche e sognanti, come in Sun Distorted You, in cui si alternano tasti di pianole, synth leggeri ed una voce pulita e carezzevole. Molto carini anche i voli pindarici attraverso il cambio di tonalità.

De Marion canta assolutamente in inglese, con ispirazioni da Uk, dando invece all’italiano, anche se in una sola occasione, la possibilità di denominare un pezzo. La traccia Sburramento in La minore è sicuramente enigmatica: slap hard rock, echi acuti e batteria alla lontana compongono un pezzo solo strumentale.

Mentre si ascolta il disco ci si accorge che il lavoro è frutto di una maturazione lunga e inquieta non a caso il disco è stato strutturato tra il 2013 ed il 2018, in 5 anni di vita vissuta “all around my town“.

La bassa fedeltà sonora compare con precisione con Mattew in cui tra disturbi e sibilii vocali si conduce verso una chiusura tranchant.

Il Barrettianismo fuoriesce prorompente su Spoon nonostante una precipua presa di posizione personale. Risulta sul serio apprezzabile il tentativo o meglio la voglia di fuoriuscire da schemi preimpostati e di far una sola cosa: musica, in qualsiasi modo, anche sibilando, tra gorgoglii, modulazioni sintetiche, riverberi metallici o addirittura voci estrapolati da film porno.

Nell’ultimo pezzo ho quasi avuto un pensiero su Kurt Cobain, nello specifico attraverso l’espressività vocale.

Un disco poetico, sperimentale e psichedelico, tra il tribute for Syd e la volontà di emergere con prorompenza.




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