L’abisso non è poi così tetro…
L’Abisso, uscito il 7 dicembre scorso e autoprodotto, è il ventesimo disco in studio dei Diaframma. Una data importante quella di uscita, in quanto trentennale anniversario dell’etichetta di Federico Fiumani, anima storica della band.
“E Federico Fiumani è la musica indipendente, la forza, la passione, l’urgenza, la testardaggine, la convinzione, il lato più ruvido, la fragilità e la dolcezza nascosta dell’artista vero”. Così ce lo presenta Andrea Sbaragli, che chi era giovane a Firenze negli anni Ottanta se lo ricorda a Controradio e come tour manager dei Diaframma poco prima degli anni Novanta.
L’abisso evoca un ingresso nel nero più denso e senza uscita, come Fiumani stesso dice: “io fra un anno ci finirò dentro, visto che compirò 60 anni … entrerò ufficialmente nella vecchiaia, un abisso da cui non si esce più. E poi l’abisso è quello dove secondo me sta sprofondando l’Occidente, sempre più schiavo e al servizio della tecnologia e del potere economico”. In realtà il disco, nelle melodie, non suona disperato, anzi l’ho trovato quasi allegro e a tratti giovanilistico e spensierato.
L’inizio dell’album ha un che di ossimorico: la Leggerezza, titolo del pezzo, corrisponde ad azioni di conclusione e distacco, è la sospensione di un cuore malato, di un amore finito. Qui la musica usa accordi malinconici, ma dopo il primo minuto la batteria con un ritmo da marcia invita al movimento e la voce e l’assolo di chitarra hanno un’impronta trionfante. Ellis Island, 1901, sesto dei dieci pezzi che compongono l’album, è uno dei brani musicalmente più interessanti, sia nell’atmosfera cullante che ha all’inizio, costruita su una melodia di piano molto dolce e su un ovattato stridore di chitarra, sia nella potenza della virata punk e dell’assolo molto rock di chitarra; un pezzo completo, forte, icastico, in cui si riconosce anche la scelta delle parole che dei Diaframma si amava… “I ragazzi stanno bene con l’angoscia nelle vene”.
Credo che i Diaframma abbiano perso il timbro drammatico e scuro, a tratti acido, che li rendeva una delle band più interessante della New Wave italiana a metà degli anni Ottanta; forse la scelta è quella di arrivare al giovane pubblico, che ascolta gruppi alla Baustelle maniera, che segue l’indie.
Di certo la qualità artistica dei musicisti è ben evidente, soprattutto nella facilità dello spaziare da ritmi funky a sonorità più blues, rock and roll e anche prog. Anche la qualità artistica delle parole dà l’impressione di essere indirizzata ad un pubblico con uno spessore più lieve, forse solamente con meno vita alle spalle. Non li ho trovati i Diaframma di Siberia, e un po’ me ne sono dispiaciuta, ma forse è solo nostalgia…
L’abisso dei Diaframma non inghiotte e non fa male: un album per il pubblico giovane dell’indie, in cui la musica non ha più nulla della wave crepuscolare di Siberia.
Nata ad Amandola, un paesino sui Sibillini, il 20 aprile del 1979, fin da piccola ha sentito scorrere la musica dentro il suo corpo. Pianista fino al liceo, ora si diletta alla tastiera, ha scelto di fare l’Università e quindi di vivere a Bologna, dove ormai risiede da vent’anni, nonostante l’accento le sia rimasto profondamente marchigiano. Di lavoro fa la prof di lettere alle scuole superiori, in
un paese nel Modenese. Fra i suoi hobby, oltre alla musica, leggere e scrivacchiare.
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