Nuovi orizzonti con i Drone San
Drone San è il progetto dei musicisti e compositori Nicola Pedroni e Andrea Sanna, al primo album omonimo pubblicato il 14 gennaio 2022 dall’etichetta Horribly Loud Records, da loro stessi fondata come incubatore-contenitore di realtà creative accomunate da un’attitudine di ricerca.
Come e quando Nicola Pedroni e Andrea Sanna hanno deciso di diventare i Drone San? Da dove nasce il vostro nome e qual è il vostro background musicale?
Non c’è stato un momento preciso in cui abbiamo deciso di diventare Drone San. Entrambi arriviamo dai mondi dell’improvvisazione e del jazz in senso ampio, ma siamo sempre stati ascoltatori affamati di altri linguaggi: dai Meshuggah a Piero Ciampi, passando per i Gong e Debussy.Ci siamo conosciuti durante un concerto in un jazz club e abbiamo iniziato a scambiarci materiale, nel 2020, per farci un’idea di chi fossimo musicalmente. I brani prodotti in questa prima fase – molto, molto diversi da quelli definitivi – ci hanno fatto capire che il progetto meritava di essere sviluppato e di diventare, prima di tutto, un disco. Si può dire, quindi, che il progetto ci ha chiamato a sé.
Definite il vostro genere come post-jazz per post-umani, di cosa si tratta e chi sono i post-umani.
In un periodo storico in cui tutto è post, tutto è ciclico e in cui pare – ma noi non siamo d’accordo – che non ci sia più nulla di nuovo da dire, ci sentiamo di aderire a questa forma di linguaggio che non è più jazz ma qualcosa di diverso e che in qualche modo dal jazz stesso vuole prendere decisamente le distanze. Il progetto è immensamente contaminato da altri linguaggi, anche se, in fondo, è dalla matrice jazz che proviene. I post-umani sono gli abitanti di quest’epoca, che stentano a riconoscere loro stessi, probabilmente perché non hanno più tempo per farlo.
Parliamo del vostro disco di debutto. Ascoltandolo si ha la sensazione che sia nato con naturalezza, lasciando spazio all’improvvisazione. Come nascono i vostri brani, quale metodo compositivo utilizzate?
Come dicevamo prima, arriviamo entrambi dal mondo dell’improvvisazione e i brani che compongono il disco si sono sviluppati in piena pandemia, periodo in cui l’improvvisazione tra noi è stata forzatamente una tele-improvvisazione. Non abbiamo un metodo compositivo prestabilito, alcuni brani possono nascere anche da un solo riff che poi sviluppiamo, da una cellula ritmica o un campione che ci sembrano particolarmente interessanti. Una volta creata una stesura provvisoria, di solito registriamo i synth e le batterie per poi lavorare in post-produzione sia a livello strutturale che di sound design.
Avete qualcosa in mente per la presentazione di Drone San, dato che il disco è uscito in un periodo complicato per suonare dal vivo.
Abbiamo parecchie idee, ma l’incertezza del periodo ci ha fatto cambiare strada varie volte. In questo momento stiamo lavorando al nostro live, che sicuramente sarà un’esperienza molto diversa dal disco. Speriamo, varianti pandemiche permettendo, di poterlo suonare presto!
Data la commistione di suoni strumentali analogici e digitali, qual è il vostro set up? Avete uno strumento o una macchinetta dei vostri sogni che vorreste aggiungere alla strumentazione?
Per registrare il disco abbiamo usato vari strumenti: Piano Rhodes, synth analogici moog/yamaha, batteria acustica, drummachine, percussioni, oggetti di uso comune, strumenti elettroacustici autocostruiti, eccetera, eccetera. Preferiamo sorvolare sull’argomento nuovi acquisti, non basterebbero dieci pagine di intervista per completare l’elenco. Siamo – come la maggioranza dei musicisti elettronici – in un momento di iperstimolazione da nuovi dispositivi e la GAS (Gear Acquisition Syndrome) è dietro l’angolo.
Snob Pineapple ben riassume il mood di Drone San, un incubatore-contenitore di realtà creative e influenze diverse che arrivano soprattutto dal mondo del cinema, dalle colonne sonore. Chi sono i punti di riferimento in quell’ambito e vi cimentereste mai in una sonorizzazione di un film.
Domanda complessa, la prima delle due. Ci piacciono i classici ma siamo maggiormente interessati alle forme più contemporanee e /o più sperimentali di colonna sonora. Ci sarebbero decine di nomi da fare: da Cristobal Tapia de Veer a Badalamenti, da Cliff Martinez al nostro amico Alessandro Coronas. Ci cimenteremmo mai nella sonorizzazione di un film? Decisamente sì, è uno dei nostri obiettivi.
Come è nata la collaborazione con l’illustratrice Yoshi Mari? Che ruolo ha la componente visiva nel vostro progetto?
Pura casualità. Quando abbiamo visto i lavori di Yoshi, ci siamo accorti di procedere parallelamente a lei, ovviamente con mezzi e media diversi, nei confronti di un immaginario che accomunava la musica che stavamo producendo e i suoi lavori di un paio di anni fa. Prima di vedere l’illustrazione che è poi diventata la copertina del disco (e del relativo silent book/vinile che uscirà quest’anno), sapevamo già di essere alla ricerca di un disco volante.
Se in un futuro utopico i Drone San diventassero ministri della cultura, cosa farebbero per tutelare il settore della musica? Che riforme proporrebbero per concerti e spettacoli?
Crediamo che rifiuteremmo l’incarico. La politica è come l’anello di Tolkien: se vieni a contatto con essa rischi di esserne corrotto e, sinceramente, preferiamo suonare che tenere comizi. Cosa vorremmo dalla politica? Tantissime cose, soprattutto in questo periodo in cui puoi andare al centro commerciale ma non a sentire un concerto.
Leggi la recensione dell’album Drone San QUI
Nato a Caserta nel 1989, innamorato folle della musica, dell’arte e del basket. Nel lontano 2003 viene letteralmente travolto dal suo primo concerto, quello dei Subsonica, che da quel giorno gli aprirono un mondo nuovo e un nuovo modo di concepire la musica.
Cresciuto col punk e la drum and bass, ama in maniera smoderata l’elettronica, il rock e il cantautorato. Fortemente attratto dal post-rock, dalla musica sperimentale e da quella neoclassica, non si preclude all’ascolto di altri generi definendosi un onnivoro musicale.
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