Nel guscio… fuori dal guscio
I titoli di chiusura e di apertura di Iconoclasta, album del progetto Eileen Sol, eloquenti di un disco che è un percorso iniziatico dal cielo attraverso l’inferno, fino al dischiudersi dell’anima attraverso la musica.
Il progetto nasce nella primavera del 2016, dall’immaginazione del bassista Matteo Cavaciocchi (Fall As Leap), a cui si uniscono poi gli altri tre membri, tutti con una solida cultura musicale che va dal conservatorio al sound design e accomunati da gusti affini, fra i quali la passione per gli Zu, su cui Cavaciocchi ha scritto la tesi al Conservatorio, “il post-rock e un immaginario creato da letture come “L’eroe dai mille volti” di Joseph Campbell e il manga “Berseck” di Kentaro Miura.”
Registrato da Riccardo “Paso” Pasini presso lo Studio73 di Ravenna in una “serrata settimana di session”, Iconoclasta, uscito lo scorso 24 maggio in formato digitale e in cd accompagnato da un concept di interessantissime immagini, è un potente dramma di stili espressi al meglio e di suoni da brivido fin dal primo ascolto. Interessante l’assenza di parole, che ne denota altresì un profondo rispetto, laddove è il suono la vera componente ancestrale e va nutrito prima dell’iconografia delle lettere, di cui le parole si compongono. Iconoclasta etimologicamente rimanda proprio alla distruzione dell’immagine.
Questa scelta impatta a livello emozionale e il suono diventa corporeità, risuonando nell’anima attraverso il corpo. Solo in Elevazione, quarta delle dieci tracce dell’album, dopo i primi due minuti circa, entra una voce femminile dal colore orientaleggiante, con un profondo sapore mitologico, da sirena omerica. La chitarra risuona perfetta e crea un mantra in Oblio, pezzo che fa perno ad una melodia drammatica e dolce al tempo stesso.
Non c’è stacco fra un pezzo e l’altro: si tratta di un’esperienza di circa quaranta minuti, costruita su sonorità sognanti e distorte alla Mogwai e che trasporta nelle più varie possibilità di un orizzonte musicale fatto di grinta, forza ed eleganza, anche laddove il suono vira nel metal.
Il consiglio è quello di un ascolto in totale immersione e in una condizione di suono ottimale, per riuscire ad apprezzare ogni sfumatura di una costruzione creata da chi la musica la conosce davvero.
Nata ad Amandola, un paesino sui Sibillini, il 20 aprile del 1979, fin da piccola ha sentito scorrere la musica dentro il suo corpo. Pianista fino al liceo, ora si diletta alla tastiera, ha scelto di fare l’Università e quindi di vivere a Bologna, dove ormai risiede da vent’anni, nonostante l’accento le sia rimasto profondamente marchigiano. Di lavoro fa la prof di lettere alle scuole superiori, in
un paese nel Modenese. Fra i suoi hobby, oltre alla musica, leggere e scrivacchiare.
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