Nuove frontiere e possibilità per Elisabeth Harnik
La musica non ha tempo, e spesso, come il buon vino, quando è di qualità invecchia ancora meglio. È il caso di Superstructure – Holding Up a Bridge, la nuova uscita della pianista e compositrice Elisabeth Harnik pubblicata da Trost Records, due brani realizzati rispettivamente nel 2006 e nel 2018.
Seppur composte a distanza di un decennio l’una dall’altra, le due tracce suonano fresche e contemporanee nel segno di un linguaggio ricco di sfumature e di spontaneità che da sempre caratterizzano i lavori dell’austriaca.
Entrambi i brani sono collegati attraverso l’immagine del ponte: i pezzi spesso coinvolgono precisi punti di partenza e di arrivo, nel mezzo una molteplicità di strade potrebbero essere percorse, a volte in linea retta, altre volte in modo precario sul filo del rasoio, e altri ancora seguendo un percorso complesso, capriccioso e imprevedibile.
L’album si apre con i tintinnii e i feedback di Superstructure, la prima composizione è una miscela di suoni dissonanti, rumori acuti ed improvvisazioni legate al carattere percussivo del pianoforte. Una suite nevrotica soggetta a tensione che crea nell’ascoltatore un senso di inquietudine e disorientamento. La traccia vive di momenti differenti tra armonie, passaggi giocosi e slanci graffianti spesso contrastati da momenti di rottura per creare una struttura complessa e instabile.
Holding Up a Bridge è stata composta con l’ensemble Studio Dan ovvero Thomas Frey (flauto), Viola Falb (sassofono contralto), Dominik Fuss (tromba), Daniel Riegler (trombone), Michael Tiefenbacher (piano), Hubert Bründlmayer (batteria) , Sophia Goidinger-Koch (violino), Maiken Beer (violino) e Philipp Kienberger (contrabbasso). Nella seconda traccia la Harnik rimescola gli ingredienti per ottenere una composizione dinamica e dalla forte componente cinematografica ma che ha in comune con Superstructure l’equilibrio tra parti statiche e momenti dirompenti. Tromba e trombone disegnano trame free jazz dando vita ad un brano ipnotico pervaso da risonanze attivate dagli ottoni.
Non un ascolto facile quello di Superstructure – Holding Up a Bridgema sicuramente stimolante, un ponte da percorrere per entrare nel mondo caotico e creativo di Elisabeth Harnik.
Nato a Caserta nel 1989, innamorato folle della musica, dell’arte e del basket. Nel lontano 2003 viene letteralmente travolto dal suo primo concerto, quello dei Subsonica, che da quel giorno gli aprirono un mondo nuovo e un nuovo modo di concepire la musica.
Cresciuto col punk e la drum and bass, ama in maniera smoderata l’elettronica, il rock e il cantautorato. Fortemente attratto dal post-rock, dalla musica sperimentale e da quella neoclassica, non si preclude all’ascolto di altri generi definendosi un onnivoro musicale.
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