Mujo: qualsiasi cosa è, sarà, era
Mujo è il nome dell’album che sancisce la collaborazione tra il compositore, produttore e chitarrista milanese Eraldo Bernocchi e Hoshiko Yamane, violinista e compositrice giapponese, dal 2011 nei Tangerine Dream.
Pubblicato l’11 dicembre da Denovali Records, Mujo combina l’eleganza della musica classica tradizionale con la raffinatezza dell’elettronica. Secondo la filosofia classica giapponese la realtà di base è in continuo cambiamento, o usando un’espressione buddhista impermanente. L’idea d’impermanenza prende il nome di mujo, per tale motivo l’album è il risultato di otto flussi sonori dall’algida poetica.
Così come suggerisce il titolo della prima traccia (Floater), galleggiamo tra suoni organici e un miasma sonoro di sound design industriale che riporta alla mente un’atmosfera oscura e inquietante. In Future Suns la sintesi granulare si mischia ai suoni più classici del violino, contribuendo ad ampliare il concetto di spazio. L’uso di oscillazioni e impulsi elettronici aiutano nel dare profondità alla traccia sostituendosi così alla parte ritmica. Hokorobi è uno spleen sofferto e malinconico dall’acuto respiro ultraterreno. La traccia la si può percepire come un anelito in espansione, droni leggeri e abrasioni minimali con il tono che si alza sul finale forte d’interferenze pulsanti. Più spazio alla fragilità melodica del violino in Fall che viene stratificato per creare un tappeto sonoro avvolgente e destabilizzante, ricco di timbriche aspre e drammatiche. Un crescendo del suono dello strumento a corde che si ripete all’infinito per creare un beat ossessivo. La conclusiva Muga è un intreccio tra i suoni del modulare e l’abilità cinematica del violino. Il dialogo tra analogico e strumento acustico, tra oscillazioni e forza narrativa del violino, producono una delle più intense tracce del disco.
Mujo è un album con un’enorme profondità e sfumatura, Eraldo Bernocchi e Hoshiko Yamane creano attraverso un’intensa miscela di elettronica e composizione moderna un lavoro ipnotico e accattivante. Mujo si rivela un disco tutt’altro che transitorio, che si candida a restare a lungo tra i nostri ascolti quotidiani.
Nato a Caserta nel 1989, innamorato folle della musica, dell’arte e del basket. Nel lontano 2003 viene letteralmente travolto dal suo primo concerto, quello dei Subsonica, che da quel giorno gli aprirono un mondo nuovo e un nuovo modo di concepire la musica.
Cresciuto col punk e la drum and bass, ama in maniera smoderata l’elettronica, il rock e il cantautorato. Fortemente attratto dal post-rock, dalla musica sperimentale e da quella neoclassica, non si preclude all’ascolto di altri generi definendosi un onnivoro musicale.
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