Eugene: una fotografia antropologica degli anni Ottanta
Eugenio Valente in arte Eugene, è un produttore e musicista romano innamorato degli anni Ottanta, la sua musica è un cortocircuito spazio-temporale, un mix di new wave ed electropop che ci riporta negli anni d’oro dei Kraftwerk, Gary Numan e Depeche Mode. Niente a che vedere con i suoni di plastica e modaioli dei giorni nostri, Eugene è un maestro nell’uso dei synth e delle drum machine.
Dopo una serie di collaborazioni importanti, su tutte quella con Garbo, e una infinita produzione di singoli, colonne sonore e remix, arriva sulla lunga distanza il primo vero lavoro del nostro.
Pubblicato da Discipline, Seven Years In Space è un viaggio fluttuante di sola andata nello spazio, lungo nove tracce, attraverso suoni liquidi, atmosfere notturne e un’estetica perfettamente eighties.
Dopo il breve intro di All you need to know, arriva subito diretta in faccia Dive. La prima traccia mette insieme la violenza del post punk con i synthelectro-pop alla Moroder, l’incalzante tappeto sintetico è utilizzato per risaltare la voce, ancora più a fuoco nel ritornello. Un inizio incendiario per un brano killer destinato ad essere suonato nei dancefloor di tutte le discoteche rock del Pianeta.
Con How Would You Define It? Eugene vira in direzione del synth-pop: gli imprescindibili sintetizzatori sono accompagnati da glitch metallici che vanno a comporre la parte ritmica, mentre l’utilizzo del pianoforte sottolinea le parti inquietanti e malinconiche del brano.
In Undisclos*d subentrano le atmosfere fosche per un rimodellamento del sound influenzato in questo caso dalla musica dark. Nella sesta traccia la voce di Eugene ricorda quella di Dave Gahan riprendendo le suggestioni elettroniche e il mood decadente proprio dei Depeche Mode. Quest’ultima è sicuramente tra i migliori momenti del disco.
In conclusione Seven Years In Space non è solo un album per i nostalgici, ma è un’esplorazione nella cultura degli anni Ottanta per comprendere al meglio il futuro.
Nato a Caserta nel 1989, innamorato folle della musica, dell’arte e del basket. Nel lontano 2003 viene letteralmente travolto dal suo primo concerto, quello dei Subsonica, che da quel giorno gli aprirono un mondo nuovo e un nuovo modo di concepire la musica.
Cresciuto col punk e la drum and bass, ama in maniera smoderata l’elettronica, il rock e il cantautorato. Fortemente attratto dal post-rock, dalla musica sperimentale e da quella neoclassica, non si preclude all’ascolto di altri generi definendosi un onnivoro musicale.
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