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La versione rimasterizzata di Autumn Stories, di Fabrizio Paterlini, non è solo il remake di un progetto riuscito, ma una stupenda opera a sé

Pensate all’autunno. Con ogni probabilità, la mente vi starà suggerendo immagini di foglie ingiallite e nebbie sottili, il rumore della pioggia leggera, l’odore dell’erba bagnata o il sapore delle castagne. Ma si può astrarre questi luoghi comuni, carpire l’essenza vera di una stagione e trasfonderla in una musica memorabile? Provate a chiederlo a Fabrizio Paterlini, dotato compositore di origini mantovane, e vi risponderà, con una certa sicumera, che si, è possibile. Anzi, non è solo possibile, ma è stato già fatto. Questa è la storia delle storie d’autunno, o di molti autunni, e di come il tempo cambi la percezione di un’opera che è capace di mutare, pur restando fedele alla propria natura.

All’epoca in cui nacque l’idea di Autumn Stories, nel lontano 2011, la parola Soundcloud era già sulla bocca di tutti; fondata nel 2008, la nota piattaforma di distribuzione di contenuti musicali aveva raggiunto già nel 2010 un milione di utenti, numero destinato a salire vertiginosamente negli anni a seguire. Nell’autunno del 2011, Paterlini decide di sperimentare appieno le potenzialità dello strumento, pubblicando gratuitamente un brano a settimana che raccogliesse in musica le atmosfere affascinanti e malinconiche della stagione più piovosa dell’anno. Quattordici settimane e migliaia di download più tardi era nato Autumn Stories, una raccolta di preziose composizioni per piano che è, a tutt’oggi, una delle produzioni più riuscite di Fabrizio Paterlini.

Confesso il mio peccato, si tratta di un interessantissimo progetto che all’epoca mi è sfuggito; dovendo mettere mano all’edizione 2019, riveduta e corretta, di Autumn Stories, un passaggio imprescindibile è stato quello di ascoltare la prima release del 2012, per cercare di comprendere appieno l’apporto artistico di queste sette anni di esperienza intercorsi dal fenomeno iniziale.

Avendo letto le dichiarazioni di Paterlini rilasciate poco prima del lancio, sapevo già (in parte) cosa aspettarmi: Fabrizio, nei suoi live, si serve spesso di un trio di archi per accompagnare le sue composizioni, mentre i lavori in studio un po’ più risalenti erano cuciti addosso ad un pianista solitario.

Ho avuto quindi a disposizione due elementi noti, prima di cominciare l’ascolto: che la versione di odierna di Autumn Stories ha qualcosa in più rispetto alla sua controparte di sette anni fa, e che il comparto strumentale di cui si è servito Paterlini per ripensare la sua opera è stato ampliato allo scopo.

Ne è nato così una sorta di gioco, che consiglio a chiunque si accinga ad ascoltare per la prima volta questa pregevolissima opera: ascoltare la versione del 2012, prestare attenzione alle melodie e alle atmosfere che esse creano, e cercare di indovinare quali brani sono stati rimaneggiati nel 2019.

Sarà stata la suggestione di sapere già cosa cercare, ma nel sentire per la prima volta l’originale si ha la sensazione che alcuni brani dell’epoca fossero già predisposti ad accogliere gli stupendi archi che oggi impreziosiscono l’edizione 2019 di Autumn Stories. Restano della prima edizione l’eleganza compositiva, lo stile vagamente “cinematografico” delle melodie, la potenza narrativa e la candida sincerità con cui Paterlini ci propone la sua visione romantica e un po’ mesta della sua personalissima mezza stagione.

Dopo aver ascoltato le storie di entrambi gli autunni, pare che la scelta sia stata quantomai opportuna. Le atmosfere tenere e un po’ uggiose che il pianoforte di Paterlini evocava con tanta naturalezza sono state ampliate e rese ancor più realistiche e immaginifiche; ascoltare Autumn Stories oggi è un po’ come andare in un cinema moderno per una di quelle (purtroppo rare) proiezioni di qualche grande classico degli anni ’60. Sai già che è bello, se hai la mia età probabilmente lo hai visto su qualche schermo molto più piccolo, ma vuoi mettere la soddisfazione di guardarlo con il Dolby e uno schermo di 6 metri?




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