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Processi alchemici nella Psiche Liberata di Fera

Se ormai è possibile parlare di un sound Maple Death, il merito è di artisti come Fera. Progetto di Andrea de Franco, pugliese ma bolognese d’adozione, i suoi dischi, Stupidamutaforma (2020) e Corpo Senza Carne (2022), hanno contribuito ad accrescere il catalogo dell’ormai consolidata Maple Death Records, ma soprattutto hanno codificato un tipo di sonorità facilmente accomunabile all’etichetta di Jonathan Clancy.

La proposta di Fera, infatti, è un pastiche elettronico ricco di sfumature; la definizione progressive electronic racchiude al suo interno diversi lati sotterranei: paesaggi ambient, flussi IDM, una spiccata tendenza al minimal synth che sprizza Maple Death da tutti i pori.

Non cambia le carte in tavola il nuovo Psiche Liberata, in uscita il 21 giugno 2024, che, come i due album precedenti, rispecchia una fedeltà sonora coerente con il percorso artistico di Fera. La parola d’ordine è astrazione, declinata in forme variabili e mai fisse, ma costantemente in evoluzione nei nove brani del disco, che sembrano quasi essere frammenti di un’unica suite.

La psichedelica Not Me, Not You prepara il campo alla lunga Psiche Liberata, che si piazza a metà fra ritmi motorik di ispirazione kraut e atmosfere downtempo, mentre la successiva Celestial Anacusma accentua il lato più oscuro ed oppressivo della title-track. Programmatica è Simulacrima, posta proprio nel mezzo dell’album, capace di fondere sia l’universo IDM/downtempo che quello psichedelico, risultando quasi il manifesto del sound di Fera.

Nella seconda parte c’è spazio per qualche highlights: Silenzio Solare è un’allucinazione in salsa minimale, la doppietta finale Diluvia / Riposa indaga rispettivamente il mondo industrial e quello ambient.

Psiche Liberata è il disco più ambizioso, ma anche il più riuscito, di Fera, che alla sua terza prova sembra aver ottenuto una maturità invidiabile nel ruolo di alchimista di tante influenze diverse. Il risultato è un disco ibrido e stratificato, che riesce a rifuggire l’esercizio di stile in favore di un universo sonoro in cui perdersi piacevolmente.



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