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L’esordio internazionale di Fil Bo Riva, da Roma a Berlino, è oggi realtà

Un carezzevole intro traghetta verso la voce in eco collocata su di un letto di chitarra acustica, ecco l’incipit di Beatiful Sadness il nuovo disco di Fil Bo Riva, nome d’arte del cantautore Filippo Bonamici ma non solo, il nome sta anche per l’intitolazione del progetto che unisce i talenti di due amici: Bonamici e il chitarrista Felix A. Remm.

Nato e cresciuto a Roma, Filippo si è trasferito a Dublino per studiare, quindi nel 2012 si è stabilito a Berlino. Nel 2016 ha pubblicato il suo primo Ep, If You’re Right, It’s Alright. Da allora si è fatto notare suonando in tutta Europa e aprendo i tour di diversi artisti, tra cui Matt Corby, Aurora, Milky Chance e Joan As a Police Woman. In seguito sono arrivati i festival internazionali e due tour europei da headliner con concerti spesso sold out.

Dopo una serie di singoli rilasciati nel corso dell’ultimo anno, il 22 marzo 2019 arriva il tanto atteso debut, 13 tracks in circolo narranti di una tristezza bellissima, col filo rosso di problemi sentimentali ma, al contempo, di esperienze sensazionali.

Il disco suona a metà tra un progetto solista ed una band, un genere cantautorale ma che cammina sulle gambe di chitarristi e polistrumentisti associati alla produzione. Ci sono rimandi a svariati generi musicali, dal country al pop fino all’alternative, nei bassi più metallici ritrovo un po’ di Alex Turner, nelle pieghe più pop c’è un rimando spiccato all’indie rock dei The Kooks, ma c’è anche tanto di sperimentale e dai risvolti più armonici. L’uso del pianoforte in Radio Fire, dona una piacevole brezza di classicità, ad esempio, così come l’utilizzo di un sound in clean nelle ballad sinfoniche, è il caso di Baby Behave.

Sarà l’aria estera, l’influenza musicale nettamente nord-europea, a concedere il vezzo di poter dire che un italiano possa arrivare a toccare delle vette di popolarità tutt’altro che scontate nel Bel Paese.

Nonostante ciò, Fil Bo Riva rivendica con orgoglio le sue origini, con tanto di traccia italiana nella title tracks L’impossibile, ma sul serio, mai avrei immaginato il tocco di autotune distorto al suo interno, prima dell’approdo al senza-effetti. Si pone un punto di differenziazione elevatissimo in tale pezzo: totalmente diverso, totalmente spiazzante, quasi Sanremese. Se potessi conoscerlo gli direi di non abbassarsi a tali livelli e di continuare, vivacemente, per la sua strada.

In sintesi un album da ascoltare e da consigliare, ben suonato e maturo, well done!




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