Fink torna con Bloom Innocence. La soprendente fioritura d’autunno
Fin Greenall, meglio conosciuto come Fink, è un produttore e cantautore con oltre 20 anni di esperienza nel settore, ma forse non ha ancora raggiunto la visibilità che meriterebbe. Dopo aver lavorato con vari artisti multi platino, tra cui John Legend e Amy Winehouse, il 25 ottobre via Ninja Tune, sforna il suo ultimo, intimo, Bloom Innocence.
“Ogni disco è fatto in modo leggermente diverso. Come nella vita, ogni volta in cui ti avvicini a qualcosa, in qualche modo, provi a farla meglio. Ogni volta che vai a nuotare, vuoi farlo meglio, o ogni volta che imbracci la chitarra provi a suonare quel Mi minore in modo che sia il Mi più minore possibile”
Attenzione ai dettagli, equilibrio impeccabile in ogni traccia, fino al più remoto dei micro suoni di corde di chitarra. Tutto minuziosamente nel suo posto giusto.
Come per Resurgam del 2017, anche per queste 8 tracce Fink si lascia guidare dal producer Flood, al secolo Mark Ellis. Ed ecco che Bloom Innocence diventa uno scrigno di unicità, di prime prove, come We Watch The Stars, la guide track che diventa la prima traccia del disco.
Il gioco, è quello di provare ad ottenere esibizioni intime e allo stesso tempo dimenticare che stai provando a farlo. Così come un fiume in piena, tutto si impregna di profondità emotiva, intrecciandosi in brani in cui la lunghezza permette di toccare le sponde più insolite e nascoste. Dalle corse tese del kamancheh di We Watch The Stars, alle batterie di I Just Wait a Yes, ad una severa e matallica Rocking Chair: tutto sembra cominciare con calma che pulsa per poi sbocciare in timbri selvaggi e chitarre esoteriche. In My Love’s Already There bastano la voce legnosa ed espressiva e pochi accordi sui tasti bianchi e neri a dare corpo alla traccia che chiude il disco.
Bloom Innocent, è il suono che si prende gioco della gravità, una meraviglia spaziosa, capiente, a otto binari che brilla con un piano delicato, una chitarra formicolante e la voce soul e piena di nodi di Fink.
Una sorprendente fioritura in autunno.
Nata ad Aversa, da qualche anno a Bologna; belli portici, il melting pot culturale, i tortellini, i concerti, ma l’umidità resta un problema serio. Osservo il mondo immaginandovi una colonna sonora e se c’è del romanticismo alla Serendipity, questa sarà sicuramente Mind Games. La prima cosa che mi interessa dei concerti sono le luci, le luci e la gente. Sogno che un giorno si ritenga importante una rubrica del tipo “La gente che va ai concerti”. Alle feste mi approprio con prepotenza, del ruolo di dj, e adoro quando arriva il momento dei Bee Gees. Faccio classifiche per ogni aspetto dello scibile umano, playlist per ogni momento topico della vita. Canzone d’amore più bella di sempre Something (ma penso di essermi innamorata con Postcards from Italy), per piangere Babe I’m gonna leave you, colazione con Mac de Marco, quando fuori è freddo i Fleet Foxes, ma se c’è divano e film, è subito Billy Joel. Riflessioni esistenziali con Bob Dylan e Coltrane, mi incanto col manuche, shampoo con Beyoncè, terno al lotto con i Beach Boys, libiiiidine con Marvin Gaye. Stupore e meraviglia con The Rain Song, Nina Simone se necessito di autostima, forza e coraggio, sogno infinito con Sidney Bechet.
Potrei continuare, ma non mi sembra il caso. Si accettano suggerimenti e elargiscono consigli.
[gs-fb-comments]
Commenti recenti