Giorgio Canali & Rossofuoco: Venti canzoni (di merda) in un 2020 (di merda)
Prendete Giorgio Canali rinchiuso in un appartamento a Bassano del Grappa durante il Grande Panico Mondiale del 2020. Poi miscelatelo con quei grandi musicisti che compongono Rossofuoco: Marco ‘Testadifuoco’ Greco, Stewie Dal Col, Luca Martelli ed il violinista Andrea Ruggiero sparsi tra Bologna, Carbonia, Miami, Roma e Sesto Fiorentino.
È così che nasce Venti (il sottotitolo latente è composto – come solito – da “…canzoni di merda“). Un disco nato durante il prolificarsi dei concerti-streaming e delle canzonette collettive da balcone, di cui gli artisti in oggetto ne han fatto pienamente a meno, quasi con abiura.
Giorgio Canali & Rossofuoco hanno sperimentato la creazione di un disco in formula per così dire “smart working” costruendo in maniera collettiva venti splendidi inediti. L’album, pubblicato il 4 dicembre 2020 per La Tempesta Dischi, è disponibile in doppio vinile e cd.
Sicuramente è difficile descrivere un disco fluviale, specie per una recensione “mordi & fuggi” a seguito di un rapido quanto superficiale ascolto.
Proprio per questo motivo, ho lasciato scorrere il disco per un giorno intero prima di appropinquarmi a buttare giù anche due righe.
Ho ritrovato un Giorgio Canali probabilmente diverso da come lo avevo percepito nel precedente Undici canzoni di merda con la pioggia dentro (2018). Seppur la pianura padana sia lo sfondo dalla quale GC prenda ispirazione a tutt’uno con nebbia ed umidità, in Venti, si lascia più spazio ad una narrazione schietta, tutt’altro che da latrato con sottofondo stagnante di nostalgia. Sicuramente, l’apporto musicale della band ha rinvigorito la narrazione e le liriche, mostrandole pregne di linfa vitale.
Eppure l’approccio nostomantico è in rilievo, ma vivo, liquido, a tutt’uno con la realtà.
In maniera palese o nascosta a mo’ di easter-egg rivivono citazioni, paracitazioni o parafrasi rubate a qualcuno dei cantautori degli anni sessanta/settanta dalla quale Giorgio Canali ha attinto durante il suo passato-presente-futuro musicale. L’invito dell’autore alla caccia-al-cameo ha reso ancor più interessante l’ascolto. Probabilmente non ho rinvenuto di primo acchito tutto quel che è racchiuso nelle venti tracks, dunque, provateci anche voi!
Non mi accadeva da tanto di ascoltare venti tracce consecutive di un unico album. Una novità impressionante se si pensa che al momento la music industry è concentrata alla pubblicizzazione dei singoli tout court. Giorno dopo giorno si vomitano tracce, videoclip, per tener puntati su di sé – al massimo e in loop – un’attenzione, senza la quale aver paura di scomparire ed essere dimenticati.
Se un po’ negli anni, dopo dischi e concerti, ho imparato a conoscerlo, non scriverei di certo un azzardo se ho immaginato un Giorgio Canali che, iconicamente e con maestria, sporgendosi verso questa situazione scandisce con passione: “Fottetevi tutti”.
Nonostante la denominazione che si riferisce anche all’anno (2020), le tematiche non trattano nemmeno di sbieco della distopia materializzatasi in questo presente,
“quasi a voler sostenere che tutto quello che stava e sta succedendo non esisteva e non esiste.”
Il focus al presente, tuttavia (e come poteva?), non manca. I riferimenti all’ignoranza al potere, all’inebriarsi di denaro e successo, alle forze dell’ordine dal cervello ‘poco elastico’, ai giovani vecchi di oggi e dell’epoca, sono tutte fotografie che si cristallizzano a tutt’uno con sarcasmo, cinismo e boutade irridenti.
L’incipit è affidato ad Eravamo Noi, un pezzo in cui specchiarsi e rivedersi con un eskimo addosso in un’epoca che si assume tramontata, mentre quella generazione di sinistra dimentica i valori urlati insieme ai pugni alzati al cielo.
Il disco scorre in un’ora e venti, tra ballate armoniche con chitarre in clean e violino di sottofondo (Requiem per i gatti neri) e altri ben più elettrici con code di assoli arzigogolati (Morire perché).
Ho trovato sul serio illuminante Canzone sdrucciola che ho deciso di utilizzare in determinati momenti in cui un “Fottiti” può sul serio salvare la propria salute mentale. La lirica truce che attraversa tutto il disco vien fuori, tra l’latro, anche dal primissimo sguardo alla tracklist corredata di decine disclaimer “explicit” a lato.
Si articolano man mano anche quelle che sono state denominate drunken song in cui immergersi in bicchieri colmi di vodka e nuvole di fumo di sigarette artigianali rollate con qualche grammo. I riff radiofonici e i ritornelli con beat “per muovere il culo”, tuttavia, rischiarano l’ubriachezza molesta.
Venti è un disco godibile, apprezzabile, da bere tutto in un sorso, da aspirare con voracità senza aver paura di soccombere nel nichilismo.
Giorgio Canali & Rossofuoco nemmeno questa volta la mandano a dire, confermandosi creatori di un manifesto neorealista critico e flemmatico, come non esistono altrove.
Classe 93, laureata in giurisprudenza, specializzata in criminologia. Praticante avvocato, scrivo di politica e di diritto su diverse testate. Sono campana ma mi sono trasferita a Padova.
Sono appassionata di musica, suono il piano ed in passato ho suonato malissimo una sgangherata Soundstation mancina.
I miei generi preferiti sono il rock alternative, lo stoner e la musica classica. Sono stata una metallara nell’adolescenza, divorando con disinvoltura i dischi degli Slayer.
Il mio compositore preferito è Prokofiev ma se la gioca con Shostakovich. Amo Elliot Smith ed ascolto con “diligenza da scolara” cose che non conosco. Normalmente sono una tipa che si appassiona con facilità.
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