Passato, presente e futuro del VIVA! Festival secondo Giuseppe Conte.
Il VIVA! Festival giunge alla sua ottava edizione. Si svolgerà dall’1 al 4 agosto 2024 in Valle d’Itria e comprende una serata d’apertura (VIVA! New Brand), un live di chiusura all’alba del 4 agosto di Giorgia Anguli e due giorni all’Arena Valle d’Itria di Locorotondo con una line-up di tutto rispetto: dagli headliner Air (che suoneranno per intero il capolavoro Moon Safari) e Underworld a Venerus, passando per i set di The Blaze e Dardust. Abbiamo intervistato Giuseppe Conte, organizzatore del VIVA! Festival, che ci ha parlato delle idee alla base del festival, ma anche della situazione musicale italiana ed estera.
Il VIVA! Festival è giunto all’ottava edizione. Qual è stata la sua evoluzione nel tempo rispetto al passato, e come pensi possa evolversi in futuro?
Il VIVA! nasce nel 2017 da un insieme di persone che organizzavano eventi, alcuni di noi arrivavano dall’esperienza con il Locus Festival. La suggestione era quella di portare all’intero della Valle d’Itria dei pezzi di innovazione musicale, evitando palazzetti o stadi ma cercando di creare un legame con il territorio, tra masserie, trulli e vigneti, cercando di unire l’innovazione con la tradizione. Abbiamo portato avanti una collaborazione con il Club to Club per circa cinque anni, poi abbiamo iniziato a stringere legami sul territorio non per questioni campanilistiche ma pratiche: ad esempio, a livello di impatto ambientale è completamente diverso avere uno staff di produzione che deve muoversi da Milano rispetto ad uno del posto. Dopo otto anni abbiamo il 100% delle competenze sul luogo, divisi tra Locorotondo, Martina Franca, Taranto ecc., quindi è un festival portato avanti da pugliesi, il che ci aiuta a portare avanti alcuni messaggi, fra cui il fatto che il VIVA! è un posto diverso dagli altri: gli Air hanno suonato anche a Roma e Ferrara, ma qui c’è tutto un contesto differente, con la collina di Locorotondo e il borgo ad impreziosire lo scenario. Ed il futuro è proprio legato a questa volontà di radicarsi sul territorio, cercando di coinvolgere sempre di più la città per creare una simbiosi, come testimoniano le attività collaterali al festival che portiamo a Locorotondo.
Al netto della difficile vita dei festival in tutta Italia, ci sono delle difficoltà maggiori nel proporne uno in sud Italia?
Banalmente la difficoltà principale è quella infrastrutturale, sia per gli artisti che per il pubblico. Per gli artisti, magari arrivano stretti con i tempi per il soundcheck mentre raggiungono la location, situazioni che nelle più collegate Roma o Milano non ci sono. Poi c’è una grande difficoltà per il pubblico, perché mancano campeggi, treni o pullman, ci sono arrivate diverse domande di persone che scrivono “non ho la patente, arrivo a Bari ma poi come vi raggiungo?” ed è una domanda a cui è difficile rispondere perché sono dinamiche particolari, non ci sono treni di notte, di domenica le corse sono di meno. Né abbiamo grandi alberghi, il che valorizza il territorio ma ci impedisce di creare un hub da cui far partire navette o pullman.
Avete rapporti con gli altri festival pugliesi?
Ne abbiamo e infatti quest’anno vorremmo creare un talk sul futuro dei festival. In Inghilterra negli ultimi tre anni hanno chiuso tantissime realtà e in Italia è difficoltoso, soprattutto per festival come il nostro, mantenere uno standard nei costi e a livello qualitativo. Quindi stiamo tessendo una serie di legami tra festival, non solo pugliesi. Stiamo anche cercando di portare delle proposte al ministero per trovare supporti in diverse dinamiche, in modo tale da darci un sostegno che permette a festival come il VIVA! di vivere con meno difficoltà.
Consci del fatto che siamo anni luce lontani all’estero, credo che uno dei problemi sia il pubblico medio in Italia, dove c’è la concezione del concerto singolo in uno stadio o in un’arena e meno di un festival. Secondo te c’è la possibilità di cambiare questa situazione? Il pubblico va educato a contesti simili?
All’estero c’è più curiosità, quindi il pubblico è più preparato all’ascolto di proposte nuove. Qui vedo un 90% interessato solo all’headliner di turno, mentre quello che c’è attorno non viene considerato, eppure il bello di un festival è scoprire ciò che c’è di nuovo. Una situazione del genere è risolvibile creando una propria community, che, nel lungo tempo e non nel giro di un anno, stabilisce un rapporto di fedeltà tale da incuriosirsi anche delle altre proposte.
Spostandoci sulla line-up, credo che negli anni il VIVA! abbia mantenuto uno standard sempre alto. Quali sono i criteri per mantenere un certo livello qualitativo?
Da quest’anno abbiamo cercato di allagarci ad un pubblico più ampio, sempre nell’ambito della nostra nicchia che conta circa 5000, massimo 6000, persone, anche per mantenere il rapporto con il territorio che non va spremuto con numeri troppo grossi. Il criterio all’interno di questa dinamica è quindi cercare di parlare ad un pubblico vasto, tenendo sempre fisso il fatto che dobbiamo garantire uno standard alto. Ci sono Air e Underworld, ma anche The Blaze è un progetto che non è secondo a nessuno, così come abbiamo cercato di dare una certa attenzione agli artisti italiani, tra cui Dardust e Venerus. Inoltre abbiamo creato una serata d’apertura, VIVA! Brand New, con proposte ancora più nuove e recenti, attirando una fetta di pubblico Under 25. L’obiettivo è un insieme tra passato, presente e futuro.
Riguardo la presenza di numerosi artisti italiani, cosa pensi del panorama italiano in generale? Credi che la forbice rispetto all’estero sia ancora larga o si sta restringendo?
In Italia il mainstream fa da padrone, quindi alcuni autori, gruppi e artisti fanno una grande fatica ad emergere. Non siamo in Inghilterra dove la BBC trasmette Glastonbury perché per loro la musica è parte integrante della loro industria culturale e creativa sostenuta in ogni ambito, invece qui da noi la musica è vista come un divertimento, come se fosse un di più. Sono una persona che ascolta di tutto senza pregiudizi, ma quello che va per la maggiore in Italia è il pezzo che strizza l’occhio all’alta classifica, parlano i numeri. Quindi il problema è che portare alcuni artisti in Italia diventa impossibile, perché hanno un cachet giustificato all’estero ma non da noi, dato che non farebbero gli stessi numeri.
Se dovessi consigliare due artisti o progetti imperdibili in line-up ad una persona che viene al VIVA! solo per gli headliner, quali sarebbero?
Credo che The Blaze, anche se in DJ set, meriti molto perché la parte visual della performance è bellissima e lo show sarà interessante. Poi sono molto curioso di vedere Shygirl sul palco, mi è piaciuto l’ultimo disco e in generale lo spettacolo che sta portando in giro, ho visto la sua esibizione a Glastonbury ed è da non perdere.
Ultima domanda per il futuro. Un nome che ti piacerebbe portare nei prossimi anni, un sogno nel cassetto.
Penso che Fred Again sia il sogno di ogni promoter. E poi mi piacerebbe ascoltare dal vivo i Fontaines D.C., che potrebbero essere un nome diverso capace di cambiare la carte in tavola del VIVA!, garantendo sempre un alto livello qualitativo.
Classe ’99, laureato in Lettere moderne e alla magistrale di Filologia moderna alla Federico II di Napoli.
La musica e il cinema le passioni di una vita, dalla nascita interista per passione e sofferenza.
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