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L’orrore di Gaza raccontato dai Godspeed You! Black Emperor

Avrebbero potuto chiamarlo, più banalmente, Untitled, ma i Godspeed You! Black Emperor non hanno mai nascosto le proprie visioni sulla politica, sulla società e su tutte le trasformazioni che l’essere umano sta vivendo da decenni.

Non potrebbe essere diverso il “non-titolo” del nuovo album, in uscita il 4 ottobre 2024 per Constellation: No Title as of 13 February 2024 28,340 Dead. Efrim Manuel Menuck e soci si chiedono: “ha senso dare un nome alla nostra musica mentre dall’altra parte del mondo c’è uno sterminio in corso?”. Nella complicità del mondo occidentale, i GY!BE decidono, come ci hanno spesso abituati, di prendere una posizione netta e i titoli dei sei brani del disco non lasciano spazio all’immaginazione.

Troviamo la solita maestria post-rock dei canadesi racchiusa, ad esempio, in Babys in a Thudercloud, che tristemente descrive la condizione dei bambini di Gaza e che, allo stesso tempo, racchiude un pezzo in pieno stile GY!BE, fra i migliori della loro produzione recente. Una lunga cavalcata che si apre su rumori funesti (dei bombardamenti?) per poi cercare, minuto dopo minuto, melodia dopo melodia, qualche tipo di apertura almeno a livello sonoro; se il climax della prima parte riesce in questo obiettivo, coerentemente nella seconda le melodie si spezzano, i suoni si fanno drammatici e persiste un’ombra di dolore, segno che dall’orrore è impossibile scappare completamente, anche quando nel finale pare riaccendersi la speranza grazie ad una sfuriata liberatoria.

Il saliscendi di Babys in a Thundercloud, marchio di fabbrica del gruppo, è un leitmotiv che nell’album trova più spazio del solito, come se fosse lo strumento adoperato per raccontare al meglio il tema del disco. Segue questo schema anche Raindrops Cast in Lead, che vive di droni e suoni ambientali ancor più esplicitamente, facendo da brano manifesto: pur non riuscendo a raggiungere l’intensità di Babys in a Thundercloud, è qui che il “crescendo-core” di scuola GY!BE riesce a sposarsi alla perfezione tanto con i field recordings quanto con l’umore dell’album.

Ombre e nubi permeano l’intermezzo Broken Spires at Dead Kapital, dominato da droni e archi, e aprono la pista a Pale Spectator Takes Photographs, il momento più abissale in assoluto, un punto di non ritorno che sembra sbattere in faccia all’ascoltatore gli orrori della guerra prima con una marcia impazzita, poi con il climax più rumoroso del disco, attenuato parzialmente da una coda che prova a spegnere il fuoco. In chiusura, il singolo Grey Rubble – Green Shoots è più che mai evocativo: la contrapposizione tra “macerie grigie” e “germogli verdi” trova compimento nell’ennesimo crescendo, ma questa volta dai toni più apocalittici e distruttivi che mai.

Non c’è solo musica nella proposta dei Godspeed You! Black Emperor, capaci di alzare ogni volta l’asticella delle aspettative e al tempo stesso di rispettarla sempre. Senza peli sulla lingua, i canadesi sono tanto schietti e crudi nelle loro feroci (e giuste) critiche quanto capaci nella loro musica di dar vita ad un mondo immaginifico e, soprattutto, alternativo a quello terribile in cui viviamo. Tutto questo è il loro nuovo album, il cui non-titolo va letto e riletto tenendo a mente che quel numero è in continuo aumento.



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