I Goodbye, Kings remano controcorrente
I Goodbye, Kings sono in sette, vengono dalla provincia di Milano e suonano un post-rock strumentale con incursioni noise e jazz, in una particolarissima miscela musicale da loro stessi definitiva “instrumental soundtrack for a never made european retro movie”.
A Moon Daguerreotype, che risente delle influenze di Tortoise, Godspeed You! Black Emperor, Nils Frahm e Neurosis, è il loro nuovo album, il terzo della loro carriera, pubblicato il 27 maggio 2019.
“Speriamo di mostrare la nostra frattura, la nostra impotenza, la nostra fragilità come persone, musicisti ed esseri umani, attraverso uno sguardo antico, come il dagherrotipo, a quello che sta sopra di noi” ha dichiarato la band.
Suoni distorti e spigolosi tanto cari ai GY!BE incontrano i fiati e le tastiere sognanti in Méliès, The Magician. Otto minuti per una suite con incursioni calde e jazz per quella che è una miscela particolare, una polaroid che immortala e racconta il mondo che li circonda. Sul finale le chitarre si fanno taglienti, ricordando band del calibro di Isis e Cult Of Luna.
Phantasma è uno dei momenti più brevi del disco, una strumentale ariosa che si avvicina di più al jazz e all’avanguardia piuttosto che al post-rock convenzionale. Di convenzionale la formazione milanese ha ben poco, più vicina a un ensemble che a una band classica.
In Giphantie aleggia lo spettro degli Zu e dei Tortoise, le trame si fanno complesse, il suono cupo si addolcisce con le note di piano. Questa suite è la prova di quanto il sound dei Goodbye, Kings sia maturo, adatto ad un ascoltatore adulto che cerca incastri complessi e cambi ritmici al limite del math rock.
La title track posta in chiusura dell’album, è una lunga strumentale di 15 minuti in cui viene dato libero sfogo alle chitarre. Una lunga e trionfale cavalcata nella prima parte, per poi calmarsi e tornare in territori jazz. Il tempo della quiete dura poco, infatti i Goodbye, Kings tornano a picchiare peggio dei Russian Circles, lasciando che tutta la ferocia compositiva venga fuori nella parte finale della traccia.
Così come il dagherrotipo inizia un’era tecnologica e di rappresentazione della realtà nuova sia nel cinema che nella pittura e ad una nuova scrittura e a un nuovo modo di conoscere le cose, i Goodbye, Kings vogliono presentarci un nuovo modo di proporre il post-rock, senza cadere nei cliché del genere e provando a rompere le barriere per far posto nella loro musica a tutto quello che la possa rendere unica e particolare.
A noi la musica scontata non è mai piaciuta, per questo motivo A Moon Daguerreotype viene promosso a pieni voti.
Leggi l’intervista ai Goodbye, Kings QUI
Nato a Caserta nel 1989, innamorato folle della musica, dell’arte e del basket. Nel lontano 2003 viene letteralmente travolto dal suo primo concerto, quello dei Subsonica, che da quel giorno gli aprirono un mondo nuovo e un nuovo modo di concepire la musica.
Cresciuto col punk e la drum and bass, ama in maniera smoderata l’elettronica, il rock e il cantautorato. Fortemente attratto dal post-rock, dalla musica sperimentale e da quella neoclassica, non si preclude all’ascolto di altri generi definendosi un onnivoro musicale.
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