Hammock: dimenticare per un attimo la quotidianità
«Sei morto quando il piacere smette di attrarti, quando ormai pensi solo a evitare la noia e non t’importa se la tua vita è più assenza – di dolore, di passione, di entusiasmo – che contenuto. La peggior nemica della felicità non è il dolore, è la paura. Per essere veramente vivo devi essere disposto a pagare un prezzo per ciò che ottieni».
Con le parole di José Ovejero voglio introdurre l’undicesimo disco degli Hammock, Elsewhere, pubblicato il 5 novembre 2021. Quest’album ti fa sentire vivo già dal primo ascolto, gonfio di speranza e nostalgia, e lo fa richiamando l’ascoltatore a vivere le loro vite senza desiderare di essere altrove o di essere qualcun’altro.
Registrato durante la pandemia, Elsewhere si muove tra atmosfere ambient, drammaticità neoclassica e post rock animando i ricordi affettuosi della vita e segnando le perdite con un delicato silenzio.
Con le prime note di Before veniamo accolti in un paesaggio onirico dipinto dalla leggera melodia del piano e dai droni atmosferici. Una emozionante coda orchestrale diventa il rifugio perfetto per chi vuole allontanarsi dal caos e dalle tensioni della frenetica società moderna.
Il duo di Nashville punta sulla semplicità e sulla leggerezza degli elementi, ne è un esempio Heavy Laden. La seconda traccia nasce dal dialogo tra strumenti acustici ed elettronici ottenendo una strumentale dal carattere cinematografico. John Cage scrisse «Pratico il silenzio da quando ho smesso di credere nelle parole», Marc Byrd e Andrew Thompson usano il suono e il silenzio per raccontare quello che non riuscirebbero a descrivere con le parole.
Dying Alone è un microcosmo freddo nel quale viene fuori l’aspetto intimo e crepuscolare della musica degli Hammock. Atmosfere eteree sono segnate dagli arpeggi di chitarra e archi in un continuo protendersi e ritrarsi come le onde del mare.
Someday è uno di quei brani che ti fa sciogliere il cuore. Delicato e arioso, dalle tinte ora placide ora brillanti, la sesta traccia ben rappresenta il modus operandi del duo ossia lavorare per sottrazione e usare le stratificazioni per ottenere un sound denso ed emozionale.
Ineffable è il pezzo più toccante del disco: la chitarra e gli archi danzano all’unisono disegnando un’avvolgente melodia sorretta da un tappeto ambientale che sfocia in una sorta di colonna sonora metà strada tra ambient e post rock.
Gli Hammock ci riportano con i piedi per terra con un album in grado di coniugare l’intensità espressiva con le ariose partiture per ricordarci che seppure in un periodo buio e delicato, non dobbiamo mai perdere l’entusiasmo. Elsewhere segna la strada da percorrere, un percorso per una band come gli Hammock capace di rinnovarsi restando fedeli a se stessi.
Nato a Caserta nel 1989, innamorato folle della musica, dell’arte e del basket. Nel lontano 2003 viene letteralmente travolto dal suo primo concerto, quello dei Subsonica, che da quel giorno gli aprirono un mondo nuovo e un nuovo modo di concepire la musica.
Cresciuto col punk e la drum and bass, ama in maniera smoderata l’elettronica, il rock e il cantautorato. Fortemente attratto dal post-rock, dalla musica sperimentale e da quella neoclassica, non si preclude all’ascolto di altri generi definendosi un onnivoro musicale.
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