La maestosità degli Hammock
Da quasi vent’anni Marc Byrd e Andrew Thompson sono due figure fondamentali nel panorama mondiale del post-rock, gli Hammock hanno creato musica meravigliosa puntando su sonorità morbide ed evanescenti. Nonostante ciò il duo di Nashville ha saputo reinventarsi ad ogni nuovo album, correndo dei rischi in modo da rendere il proprio sound difficile da definire.
Dopo aver preso una direzione più neoclassica con gli ultimi album (Silencia e Mysterium), la formazione statunitense è tornata con l’«album più rumoroso fino ad oggi, che abbraccia l’audacia e la vulnerabilità».
Love in the Void è composto da tredici tracce ipnotiche, caratterizzate da un taglio cinematico e atmosfere da sogno, nate dal bisognoso di liberarsi da frustrazioni e desideri. Un album sorprendente in grado di trasformare gli alti e i bassi della vita in una musica avvolgente, ricca di emozioni, che ti paralizza già dal primo ascolto per la sua maestosità.
L’album si apre con Procession dall’andamento lento e i toni cupi. L’opener è un muro di suono che ha come colonna portante le chitarre riverberate che ricorda nell’impeto e nella dolcezza i Sigur Ros di Kveikur. A seguire la title track è un brano tutto in crescendo, fragile e confortante, guidato dalla melodia della chitarra che va a incastrarsi con il passo quadrato della batteria di Jake Finch. Così, sentendoci subito al sicuro veniamo abbagliati da un finale infuocato in un crescendo di rabbia e dolore che svanisce lentamente.
Tracce come It’s OK To Be Afraid Of The Universe e Gods Becoming Memories dall’impostazione sinfonico-cinematica, si basano su un drumming marziale e su chitarre morbide, con aperture più luminose rispetto alle tracce precedenti.
In Denial Of Endings la voce eterea e calda di Christine Byrd (Lumenette) squarcia lo strato denso di chitarre shoegaze mischiandosi con la voce maschile, una combinazione centrata che mantiene sospeso costantemente l’ascoltatore.
Nel complesso Love in the Void è un album intenso e raffinato, che lascia l’ascoltatore estasiato. Una miscela sonora di grande impatto emotivo per una band che si evolve ad ogni nuovo lavoro avvicinandosi pian piano alla perfezione. Nonostante ciò le parole non rendono giustizia alla magia e alla bellezza sprigionata da Love in the Void, un disco pieno d’amore.
Nato a Caserta nel 1989, innamorato folle della musica, dell’arte e del basket. Nel lontano 2003 viene letteralmente travolto dal suo primo concerto, quello dei Subsonica, che da quel giorno gli aprirono un mondo nuovo e un nuovo modo di concepire la musica.
Cresciuto col punk e la drum and bass, ama in maniera smoderata l’elettronica, il rock e il cantautorato. Fortemente attratto dal post-rock, dalla musica sperimentale e da quella neoclassica, non si preclude all’ascolto di altri generi definendosi un onnivoro musicale.
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