Gli infiniti microcosmi di brit rock e psichedelia. Bentornati a bordo signori, il viaggio è offerto dai Jennifer Gentle
Per chi doveva fermarsi a The midnight room del 2007 per scoprire chi erano i Jennifer Gentle, il 4 ottobre 2019 rappresenta giorno di giubilo e rinnovata voglia di azzardo.
E anche se Sir Marco Fasolo in realtà non ci aveva mai abbandonato tra Verdena, Bud Spencer Blues Explosion e I Hate My Village, Jennifer Gentle è lo sguardo oltre manica di cui sentivamo nostalgia canaglia.
Come in un enorme caleidoscopio, sì magari proprio quello della copertina di The piper at the gates of down, da dove il nome Jennifer Gentle esce fuori, le diciassette tracce in uscita per La Tempesta Dischi, sono tanti piccoli diversi mondi che si susseguono e sovrappongono.
E in quest’avvicendamento fantasmagorico di luci, colori, immagini, figure, la prima vera indie band italiana, i nostri esploratori del sottobosco psichedelico, ci regalano un’oretta di alta qualità compositiva, piacevolissimi trip mentali e sorrisetti compiaciuti.
E se si inizia con Oscuro e Just Because due tracce spiccatamente darkwave, Beautiful Girl è un rock n’ roll dal sapore sixties, che finisce per scendere vorticosamente nella psichedelia dai toni cupidi di Temptation. Sfido chiunque a resistere al groove di Guilty, il singolo che ha alimentato aspettative e curiosità, il pezzo che si balla sempre e per sempre. Arriva poi il momento di approdare nel microcosmo creato dal violoncello di Daniela Zavoldi con Only in Haeven dal sapore Beach Boys, per poi partire verso Do you hear me now, dove le schitarrate glam, hand claps, e cori mettono su la festa di fine anno della scuola a cui manca solo Fonzie.
Lascia stupiti e a tratti interdetti come dopo pochi secondi si passi a forme di vita space rock, dai 4:30 minuti di What in the world a Inner Self, Swine Heard e Where Are You, pezzi che ci fanno timbrare il biglietto per un imperdibile magical mistery tour. Follia a tinte acide in Spectrum e infine estro visionario in Theme la traccia che chiude il viaggio negli infiniti e diversi mondi che i Jennifer Gentle sono in grado di raccontare; un brano che finisce quasi di colpo, lasciandoti la curiosità di scoprire cosa altro c’è ancora.
Nata ad Aversa, da qualche anno a Bologna; belli portici, il melting pot culturale, i tortellini, i concerti, ma l’umidità resta un problema serio. Osservo il mondo immaginandovi una colonna sonora e se c’è del romanticismo alla Serendipity, questa sarà sicuramente Mind Games. La prima cosa che mi interessa dei concerti sono le luci, le luci e la gente. Sogno che un giorno si ritenga importante una rubrica del tipo “La gente che va ai concerti”. Alle feste mi approprio con prepotenza, del ruolo di dj, e adoro quando arriva il momento dei Bee Gees. Faccio classifiche per ogni aspetto dello scibile umano, playlist per ogni momento topico della vita. Canzone d’amore più bella di sempre Something (ma penso di essermi innamorata con Postcards from Italy), per piangere Babe I’m gonna leave you, colazione con Mac de Marco, quando fuori è freddo i Fleet Foxes, ma se c’è divano e film, è subito Billy Joel. Riflessioni esistenziali con Bob Dylan e Coltrane, mi incanto col manuche, shampoo con Beyoncè, terno al lotto con i Beach Boys, libiiiidine con Marvin Gaye. Stupore e meraviglia con The Rain Song, Nina Simone se necessito di autostima, forza e coraggio, sogno infinito con Sidney Bechet.
Potrei continuare, ma non mi sembra il caso. Si accettano suggerimenti e elargiscono consigli.
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