Entriamo nell’hotel di J.T. Koch
Elogio dello stupore e dell’armonia per il compositore e artista dei suoni Jochen Tiberius Koch, che il 17 gennaio scorso ha pubblicato il suo secondo album, Astoria per l’etichetta Schole Records.
Nato nel 1983 a Lipsia in Germania, Jochen ama tutte le frequenze sonore, la sua musica si propone di portare l’ascoltatore ad uno stato di piacevole e soffusa concentrazione, a tratti velata di malinconia. Il suo il debutto nel 2018 con l’album Walden – Life in the Woods (ispirato al famoso libro Walden or Life in the Woods, scritto dall’autore / filosofo americano Henry David Thoreau) anticipa di fatto un argomento che questo nuovo disco intende rappresentare nella sua interezza, ovvero la vicenda di Astoria, un hotel costruito nel 1915 a Lipsia, in Germania, e gravemente danneggiato durante la seconda guerra mondiale a seguito di un raid aereo, che nel tempo è stato poi rinnovato brillantemente diventando l’edificio più rilevante e bello del paese.
Una storia che offre la possibilità di raccontare al pubblico le influenze sulle realtà del territorio provenienti dalle questioni politiche devastanti e che sono in qualche modo sopravvissute durante il periodo di divisione e riunificazione del paese, fino all’emblematica come in questo caso, chiusura. Ancora un concept album per Koch, che questa volta abbina le sonorità degli strumenti classici acustici ad una sostanziale ed energica dose di elettronica rinnovando la scrittura testuale con una struttura di grande ed accurato senso estetico.
Prolog apre l’album, il sipario si alza sull’incanto di fiaba, la narrazione si adagia sul cantastorie; la morbidissima The ballare, uno scrigno vocale femminile, teso al sogno che non potrà essere, che ripiega su se stesso ma colma il petto. Gocce d’arpeggio scandiscono l’inizio melodioso di The lobby boys, gli strumenti si muovono e moltiplicano come cellule in un tessuto di tenera sofferenza mista a un pizzico di carità, mentre nel 33/45 le campane chiamano su una sirena che rimanda disgraziati scenari, a ricordare che la tragedia umana non ha umana comprensione, s’impone e comanda fino al risveglio delle collettive coscienze. Sullo strumentale After the war, bellissimi e lunghi accordi si mantengono sull’eco del pedale, l’idea di un sodalizio è possibile, è il punto di domanda che ruota e viaggia dopo così tanto tempo fino a noi, in dissolvenza e ritorno.
Nata ligure ma di origine ispanico salento romana, classe ’67, diploma di conservatorio, corista e solista in diverse formazioni, insegnante, arrangiatrice ed improvvisatrice jazz, al momento.
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