KG & Scratchclart si uniscono sotto l’egida della Hyperdub per creare Touch, il loro primo Ep collaborativo, tra influenze tribali e sonorità urbane
Quando mescoli due personalità esplosive, poliedriche e creative come KG (AKA Karen Nyame) e Scratchclart (al secolo Scratcha DVA), il risultato non può essere che qualcosa di molto particolare, curioso, fuori dagli schemi. Con l’etichetta londinese Hyperdub, i due artisti hanno deciso di collaborare ad un Ep breve ma pregno di significato. Touch mescola influenze esotiche ad un’elettronica molto Europea, attinge in pari misura al gqom sudafricano e ad una certa scena funk londinese, creando qualcosa di tribale e fantascientifico. Le tracce sono leggere, godibilissime e originali, caratterizzate da suoni un po’ grezzi e da prepotenti ritmi four-on-the-floor dal sapore ipnotico.
In Touch si affacciano, su una linea ritmica dai tempi africani, prima un flauto, poi un qualcosa che somiglia ad una tromba ed infine la voce ammaliante di KG dando vita ad un pezzo aggraziato, che danza sulle punte e trascina l’ascoltatore a seguirlo per le strade illuminate dai lampioni. È in effetti la particolarità di questo Ep, la commistione tra elementi culturalmente distanti dalla scena londinese con altri profondamente radicati in un tessuto urbano, quasi underground; il risultato è questa affascinante chimera piena di promesse e possibilità.
Strings of Death alza un po’ l’asticella emotiva, aggiungendo corde tesissime e background più gloomy, sempre stesi su un sottobosco di percussioni aggressive, ormai quasi rituali. Alla lunga risulta un filino ripetitiva, ma nel complesso è una traccia dotata di una buona personalità.
In Baga Drmz si ritorna a mettere l’accento sui vocalizzi distorti di KG, ma in modo decisamente meno accomodante. Abbandonato il tono seducente del primo brano, in Baga Drmz il comparto vocale è caratterizzato da versi animaleschi, respiri pesanti come di belve nascoste nel fondo della giungla, che inseguono l’ascoltatore e, di tanto in tanto, si affacciano al retro dell’orecchio; il tempo di girarsi e sono già scomparsi.
Chiude l’Ep una reprise del brano di apertura, ma è legittimo parlare di una traccia diversa con lo stesso titolo. In Touch Reprise l’atmosfera è decisamente più rarefatta, le figure hanno contorni più sfumati, come se il rituale di artificializzazione fosse stato portato a pieno compimento. La linea melodica è la stessa, ma impiega assai più tempo ad entrare e risulta molto più allungata, si incastra su note particolari, i vocalizzi di KG si insinuano in maniera molto più subdola.
Touch EP è certamente l’antipasto di un lavoro ben riuscito. Per quanto breve, se ne intravedono le potenzialità e la capacità espressiva. Al momento non è lecito sapere se a questo disco farà seguito o meno un LP, ma vale sicuramente la pena di tenere occhi e orecchie aperti.
Troppo scoordinato per essere un musicista, troppo stonato per cantare, troppo povero per fare il produttore, sin dalla tenera età si decide a stare dal lato più affollato dei concerti (con l’eccezione di quelli di Bruce Springsteen, dove contare i membri della band è un’impresa). Cresciuto a pane e blues (a volte solo il secondo), dimostra sin da subito una straordinaria abilità nel ricordare a memoria i testi delle canzoni, il che purtroppo non gli è stato di nessun aiuto durante gli anni della scuola. Laureatosi con disonore nel 2015 in Giurisprudenza, oggi è avvocato, progettista, grafico, artigiano del cuoio, il tutto disponendo comunque della classica dotazione di due arti per lato del corpo, una coppia di orecchie ed un’unica, del tutto ordinaria massa cerebrale.
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