L’immaginario essenziale di Leon den Engelsen
Growth segna il debutto per il pianista e compositore svedese Leon denEngelsen.
Dopo un Ep di quattro tracce, Substance, rilasciato nel 2020, Leon pubblica per Piano and Coffee Records un album intimo e moderno nel quale convivono due mondi diversi, quello acustico del pianoforte e quello elettronico dato dai sintetizzatori.
Sei paesaggi sonori intimi ed emotivamente devastanti, una musica autentica e poetica alimentata da sinfonie neoclassiche e tappeti ambient.
L’apertura del disco è affidata a Closure, il primo brano si muove su diverse linee di sintetizzatori che s’intrecciano con quella del pianoforte creando una melodia placida e avvolgente. Un leggero sottofondo elettronico con leggere pulsazioni sul quale si poggiano le cristalline note del piano che in progressione scorrono vivide, accompagnate da una linea arpeggiatore che dà corposità alla strumentale. Nel finale emerge l’animo elettronico del musicista scandinavo più vicino ad un Nils Frahm che ad un Olafur Arnalds.
Vinter è un brano semplice, essenziale, realizzato su due piani, due linee melodiche che si sfiorano, danzano insieme fino a creare un connubio armonico intimo e delicato. C’è una verità e una forza nelle note e nel linguaggio di den Engelsen che è praticamente impossibile rimanere indifferenti davanti alla sua musica. Nel silenzio risplendono le note di Awakening (take 2), arpeggi scintillanti enfatizzati da echi ambientali, una trama essenziale e briosa per una composizione che nutre l’ascoltatore di amore.
L’ultima traccia, Growth, chiude l’album con le sue fragili suggestioni. Un lento crescendo con il piano affiancato dal sintetizzatore che nella coda finale diventa il protagonista di un brano dagli echi EDM.
Leon den Engelsen fa dell’essenzialità pianistica la caratteristica fondamentale della sua musica che trova in questo elemento il terreno fertile per sei brani grandiosi, emozionanti, con la capacità d’incantare l’ascoltatore fin dal primo ascolto.
Nato a Caserta nel 1989, innamorato folle della musica, dell’arte e del basket. Nel lontano 2003 viene letteralmente travolto dal suo primo concerto, quello dei Subsonica, che da quel giorno gli aprirono un mondo nuovo e un nuovo modo di concepire la musica.
Cresciuto col punk e la drum and bass, ama in maniera smoderata l’elettronica, il rock e il cantautorato. Fortemente attratto dal post-rock, dalla musica sperimentale e da quella neoclassica, non si preclude all’ascolto di altri generi definendosi un onnivoro musicale.
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