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HEY WHAT: i Low come non li avete mai visti.

Dal 1994, anno del capolavoro I Could Live in Hope, ad oggi, i Low hanno vissuto un cambiamento stilistico non indifferente. Pur rimanendo saldamente legati ad un sound riconoscibile ed unico, lo slowcore degli esordi si è lasciato contaminare prima dall’indie rock (The Great Destroyer, 2005), poi dal pop (Drums and Guns, 2007), fino ad approdare allo sconvolgente Double Negative (2018), a metà fra ambient e glitch pop e in cui pareva pienamente avviato un progetto di destrutturazione dello slowcore.

Un percorso portato avanti anche dall’ultimo HEY WHAT, in uscita il 10 settembre 2021 per Sub Pop. Ma in questo caso i toni si esasperano ulteriormente, spostandosi dalle distorsioni per approdare ad un mondo inedito, che appare a tratti inaridito, riempito dall’essenzialità di droni, ambient, sonorità industrial.

Si tratta senza ombra di dubbio del disco più sperimentale mai fatto dal gruppo di Duluth, in cui i tratti spirituali sono accentuati al massimo delle potenzialità ed i pezzi si susseguono senza sosta, in una messa tanto eterea quanto oscura e ricca di ansie improvvise.

Sta proprio nelle sorprese la chiave di lettura di un album così complesso: esempio evidente di quest’altalena di emozioni è il duo Don’t Walk Away / More nel finale del disco. Il primo brano è un dramma malinconico, uno dei tanti del disco, in cui la coppia Sparhawk & Parker raggiunge picchi d’intensità insuperabili, mentre il secondo pezzo è una martellata elettrica che fa sussultare l’ascoltatore dopo la tenerezza della traccia precedente.

Ma c’è tanto altro all’interno del disco: dagli inserti psichedelici della riuscitissima All Night alla litania coraggiosa di Days Like This, passando per la title-track, che regala nel finale una lunga sequenza di droni sferzanti e suoni acidi. L’atmosfera complessiva rimane costantemente soffocante, anche quando i toni si smorzano in cavalcate apocalittiche come nella conclusiva The Price You Pay.

Qualche intellettualismo gratuito di troppo smorza la valutazione complessiva dell’album, sulla cui sincerità è lecito avere un po’ di dubbi. Al netto che si tratti o meno di un’urgenza espressiva, HEY WHAT rimane un disco audace e sorprendente: i Low, dopo circa trent’anni di carriera, dimostrano di avere ancora parecchio da dire.




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