LTO: tra passato e futuro
Con tre dischi alle spalle e un passato come membro degli Old Apparatus, LTO pubblica il suo quarto album, Daear. Il seguito di Déjà Rêvè è uscito il 30 aprile per Denovali: otto nuove tracce dalle tonalità grigie e dalle atmosfere notturne tra avant-folk ed elettronica.
Il musicista di Bristol che deve il suo nome alla tecnologia di memorizzazione dei dati su nastro magnetico, torna con un album ipnotico, sublime, in grado di far vivere all’ascoltatore un viaggio misterioso e profondamente strutturato che potrebbe essere ambientato sia nel lontano passato che nel futuro incerto, su questo pianeta o altrove.
In apertura Noachia ci accoglie con le sue atmosfere cupe e inquietanti, un paesaggio sonoro sinistro che mischia i suoni elettronici con gli strumenti acustici dando forma a una traccia viscerale e folkloristica, con le voci distorte che ci conducono alla scoperta di paesaggi immaginari. Segue Elysium con il suo respiro elettronico, pulsazioni lente e mantriche che fanno da sfondo per la sontuosa parte di chitarra accompagnata dai suoni languidi dell’arpa per un brano che guarda al passato con malinconia.
Si cambia registro con Tharsis: un arpeggio di pianoforte gira in loop su un tappeto sonoro scuro e desolante composto da poderose percussioni, rumori e voci riverberate che, col crescere delle dinamiche, vanno man mano sgretolandosi prendendo il posto del piano. Atmosfera tesa e carica di tensione per Annwn costruita attorno ai suoni cadenzati del Microbrute. Una discesa agli inferi lenta e morbida: ancora una volta LTO gioca con i contrasti dei suoni elettronici e acustici in un continuo ripetersi di fraseggi che trovano la loro apoteosi nel finale esplosivo.
L’album culmina con la conclusiva Derwyddon, un enigmatico rituale nel quale LTO riversa tutti gli elementi presenti nel disco: arpeggi morbidi e malinconici, atmosfere cupe e ritmi minimali, sprazzi di elettronica a riempire il tutto ed esaltare gli strumenti acustici.
Daear si candida a essere uno degli album più belli del 2021: un linguaggio poetico sicuramente non immediato, atmosfere espressive e trame sofisticate per un album che si lascia ascoltare con fluidità.
Nato a Caserta nel 1989, innamorato folle della musica, dell’arte e del basket. Nel lontano 2003 viene letteralmente travolto dal suo primo concerto, quello dei Subsonica, che da quel giorno gli aprirono un mondo nuovo e un nuovo modo di concepire la musica.
Cresciuto col punk e la drum and bass, ama in maniera smoderata l’elettronica, il rock e il cantautorato. Fortemente attratto dal post-rock, dalla musica sperimentale e da quella neoclassica, non si preclude all’ascolto di altri generi definendosi un onnivoro musicale.
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