Luca T. Mai, tra passato, presente e futuro
Nello stesso mese che ha visto l’uscita del secondo album del progetto Divus di cui il sassofonista di Zu e Mombu fa parte, Luca T. Mai, fa il suo debutto solista con Heavenly Guide, pubblicato il 20 marzo su Trost Records.
Registrato presso lo ZK Squatt Riot Studio, l’album si compone di sette tracce dal sound profondo e avvolgente, basato su droni di sax stratificati fino a ottenere una texture complessa e celestiale.
Il disco si apre col noise di Intro/Epistrophy: un morbido muro di droni iniziali, sibilanti, che quasi confondono e con una folata di vento introducono la ruvida e potente Epistrophy dalle chiare venature jazz. Segue la title track dai suoni dilatati, vagamente cosmici, è un bagliore di luce tra le sette tracce di Heavenly Guide. La suite dal sapore mistico e spirituale introduce il musicista romano verso nuovi territori.
La granitica Manum ad Ferrum ci riconduce agli Zu di Carboniferous con un sax baritono spigoloso e pregno di tensione, a tratti metallico e sincopato. Un magma oscuro, acido e feroce dal quale farsi travolgere.
Omaggio all’inconfondibile e originale suono di Eric Dolphy, Luca T. Mai con Gazzelloni riesce a rievocare un colore particolarmente cupo e a destreggiarsi tra i fraseggi “pazzi” del polistrumentista americano, facendo propria la traccia e riproponendola con enfasi, in chiave industriale e free-jazz.
Con Bahr Atla Mai ritorna a percorrere territori già indagati con gli Zu di Jhator: un raga-ambient terrificante con il sax che si dirige verso suoni gravi e rarefatti.
L’album si chiude con Celestial Nile, sei minuti e mezzo di suoni decadenti e cupi, ciclici, un mantra carico di feedback più vicino all’avant-impro che al jazz.
Heavenly Guide è un lavoro ostico, un caos ordinato di idee che oscilla tra jazz e avant-impro, Mai ha sentito l’esigenza di condividere un lavoro di getto e dalla forte urgenza comunicativa.
Nato a Caserta nel 1989, innamorato folle della musica, dell’arte e del basket. Nel lontano 2003 viene letteralmente travolto dal suo primo concerto, quello dei Subsonica, che da quel giorno gli aprirono un mondo nuovo e un nuovo modo di concepire la musica.
Cresciuto col punk e la drum and bass, ama in maniera smoderata l’elettronica, il rock e il cantautorato. Fortemente attratto dal post-rock, dalla musica sperimentale e da quella neoclassica, non si preclude all’ascolto di altri generi definendosi un onnivoro musicale.
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