Changelings: l’evoluzione del folk secondo Microwolf
Abbiamo conosciuto Benjamin van Vliet, meglio noto con l’alter ego Microwolf, nelle vesti di cantautore avant-folk soprattutto con My Cauliflower Ears (2020) e lo ritroviamo oggi con Changelings, in uscita il primo settembre 2023 per Tiny Room Records, un lavoro importante e sentito.
Infatti, il musicista olandese ha scritto le sei canzoni del disco mentre stava diventando padre di due gemelle, per poi arrangiare e registrare i brani con un folto gruppo di musicisti. Pezzi che nascono dalla propria interiorità e che assumono poi forma, un percorso di evoluzione e crescita che ricorda effettivamente una nascita.
I confini sonori restano i soliti di sempre, con il folk (nell’accezione più eclettica) in prima linea (si vedano Sparklehorse e Matt Elliott), ma per l’occasione il Nostro si sposta anche su territori affini al jazz, evocati dall’ascolto dei Talk Talk.
Ed effettivamente il brano d’apertura, Theme From Changelings, mette in primo piano sin da subito il sassofono, che ben figura in un brano elegante e ben scritto a metà fra sophisti-pop e folk jazzato di memoria Rustin Man, quel Paul Webb che proprio con i Talk Talk ha scritto pagine di musica.
Anche nella seconda traccia, Life That Wills, è uno strumento a fiato a prendersi la scena: il flauto crea un’atmosfera bucolica, accentuata prima da un rituale folk evocato dalla chitarra e poi dall’entrata in scena delle tastiere.
La lunga Papavers è un canto notturno estremamente delicato e cadenzato, dove una dimensione acustica lascia spazio ad organo e Moog repentinamente, dando vita a quella che pare essere la colonna sonora di un mondo agreste e solitario. Burning Crops ne è in un certo senso brano gemello sia per lunghezza che per concept ma lascia da parte temporaneamente la dimensione folk per entrare senza titubare in una mini-suite scritta e pensata come pezzo da camera e in cui effettivamente gli echi di Mark Hollis si sentono tutti.
Changelings è un disco stratificato, che mostra il lato più musicale di Microwolf, per l’occasione in veste di esteta sonoro e arrangiatore. Circondarsi di un folto gruppo di musicisti ha aiutato i suoi brani ad emergere e le tessiture musicali si sposano bene con i racconti di van Vliet, in quello che è sicuramente il suo lavoro più riuscito.
Classe ’99, laureato in Lettere moderne e alla magistrale di Filologia moderna alla Federico II di Napoli.
La musica e il cinema le passioni di una vita, dalla nascita interista per passione e sofferenza.
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