Faccia a faccia tra Mattia Loris Siboni e Simone Faraci
Mattia Loris Siboni e Simone Faraci sono due musicisti attivi a Bologna nell’ambito della musica acusmatica. Entrambi membri del collettivo d’improvvisazione Minus, li abbiamo messi a confronto per approfondire le similitudini e le differenze nel loro modo di concepire e produrre musica.
Iniziamo subito raccontando i pregi e i difetti dell’altro. Cosa invidi e cosa ti fa andare in bestia di Mattia/Simone.
Mattia: Simone Faraci è per me un grande musicista e compositore, ma prima di tutto un grande amico, non mento se dico che fatico davvero nel trovare difetti o cose che “mi mandano in bestia”.
Simone: Mattia Siboni non ha difetti visibili.
Cosa è per te il silenzio e che importanza ha in una tua composizione.
Mattia: Il silenzio per me ha lo stesso valore del suono, è prima di tutto infatti un elemento musicale che si può scegliere di usare come di evitare; credo che in ogni caso il compositore debba tenere in considerazione l’importanza del silenzio secondo tutte le sue forme di utilizzo. Quanta importanza può assumere un suono che è circondato da esso?
Simone: Il silenzio è sempre una opportunità. Può essere un’attesa, un diversivo, un tempo ancora carico del momento precedente.
La voce che ruolo ha nella tua musica?
Mattia: Nella mia musica – fino ad ora – ho utilizzato la voce principalmente per richiamare legami extra-musicali, è una pratica che devo ammettere mi diverte non poco: in NowHush and Look Around, primo brano di Quiet Area suite, ho utilizzato citazioni di frammenti cinematografici, sfruttando l’immediatezza della voce per richiamare ricordi ed esperienze proprie di ogni singolo ascoltatore. Il tutto certamente mantenendo un’intenzione chiaramente musicale.
Simone: La voce è fondamentale nel mio percorso. Per me è presenza e identità.
Prova a descrivere il disco di Siboni/Faraci in tre parole.
Mattia: Potente, fresco, raffinato.
Simone: Intelligente, profondo, puntuale
Qual è nel set up di Mattia/Simone uno strumento che vorresti fosse tuo.
Mattia: Certamente il suo ArpOdissey!
Simone: Mi piace molto il suo sistema modulare, essenziale e funzionale.
Entrambi fate parte del collettivo Minus, come è collaborare con Siboni/Faraci.
Mattia: Ho ricevuto l’invito ad entrare in Minus – Collettivo d’improvvisazione a settembre del 2020 e per me è stato un grande onore, ho sempre ammirato il lavoro di ricerca che guida questo gruppo di musicisti incredibili. Lavorare con Simone Faraci è per me fonte di “crescita” musicale, ritengo sia un musicista dal quale c’è sempre tanto da imparare, sia sul fronte musicale che personale.
Simone: Ho chiesto a Mattia di far parte del nostro collettivo perché lo ritengo un musicista straordinario, che possiede una grandissima capacità di ascolto, fondamentale per la nostra idea di improvvisazione e di musica. La sua militanza nel gruppo non ha deluso le aspettative.
Un disco e un libro da regalare a Mattia/Simone.
Mattia: Questa è la domanda più difficile, ma sono curioso di leggere la sua risposta!
Simone: Un libro molto bello che ho letto recentemente e che ho trovato molto interessante è Helgoland di Carlo Rovelli. I dischi che regalerei a Mattia credo li abbia già tutti.
Prima di salutarci, ci lasciate con un messaggio o una citazione a testa che ben descriva la vostra visione della musica.
Mattia: Mi piacerebbe citare letteralmente John Cage, un passo del suo libro Silence (WesleyanUniversity Press, Middletown – trad. it. Silenzio, Shake edizioni, Milano, 2010).
“Questa svolta psicologica ti porta al mondo della natura, in cui vedi, gradualmente o d’un tratto, che l’umanità e la natura non sono separate, ma coabitano in questo mondo, e capisci che non hai perso nulla quando hai rinunciato al tutto. Anzi, hai guadagnato tutto. Per dirla in un linguaggio musicale, può presentarsi qualsiasi suono in qualsiasi combinazione e in qualsivoglia continuità.” (Cage 1961: 16)
Simone: Mi piace molto il pensiero di Frederic Rzewski e condivido la sua idea sull’improvvisazione, che per lui è basata “sulla fiducia e sull’amicizia”.
Leggi la recensione di Quiet Area Suite di Mattia Loris Siboni
Leggi la recensione di Echo Ex Machina di Simone Faraci
Nato a Caserta nel 1989, innamorato folle della musica, dell’arte e del basket. Nel lontano 2003 viene letteralmente travolto dal suo primo concerto, quello dei Subsonica, che da quel giorno gli aprirono un mondo nuovo e un nuovo modo di concepire la musica.
Cresciuto col punk e la drum and bass, ama in maniera smoderata l’elettronica, il rock e il cantautorato. Fortemente attratto dal post-rock, dalla musica sperimentale e da quella neoclassica, non si preclude all’ascolto di altri generi definendosi un onnivoro musicale.
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