Un caleidoscopio di nome Mòn
I Mòn nascono a Roma nel Marzo 2014. Dall’incontro di diversi mondi musicali nasce il primo album Zama, pubblicato per Urtovox Records. Dal 2017 fino ad oggi il loro sound dal sapore internazionale li ha portati in giro sui palchi di tutta Italia. Il 25 gennaio 2019 è uscito il secondo album Guadalupe, ritmiche incalzanti, melodie folk e momenti intimisti li hanno confermati come una delle band italiane più promettenti.
Come nascono i Mòn e quali sono le influenze musicali che ognuno di voi ha portato nella band?
Una sera, dopo lo scioglimento del gruppo nel quale ci siamo conosciuti, ci siamo incontrati per parlare di cosa avremmo fatto dopo, poi Rocco ha vomitato e tutti abbiamo sentito che avremmo dovuto fondare i Mòn. Siamo la somma delle influenze più disparate, dai Beatles ai Meshuggah, da Bill Evans ad Aphex Twin.
In Guadalupe, oltre al nome del disco, c’è una forte brezza esotica nelle tracce, come e da dove è venuta fuori?
Abbiamo pensato di portare più possibile le nostre radici mediterranee nel disco, prendendo spunto dai vari paesaggi che questa zona offre. Per quanto sembri esotico in realtà le sue radici non sono così lontane.
Nel singolo IX ogni elemento è al posto giusto, la ritmica, le parti di chitarra e le voci che s’intrecciano magicamente. Ma qual è la formula vincente che i Mòn utilizzano per realizzare i propri brani?
Spesso succede che uno di noi proponga un nucleo di canzone, su cui lavoriamo tutti insieme fino a plasmarlo per renderlo in linea con i gusti di tutti.
L’ultima traccia June, così calda e con l’uso dei fiati mi ha rievocato una lunga corsa per i campi in una giornata di sole. Cosa volevate farci provare e raccontare con l’ultima traccia?
Noi, come descritto nel testo, ci vediamo una grande casa vuota con un giardino soleggiato. Un nuovo inizio forgiato dalla calma di un’attesa.
Come vi definireste?
Amici
Dal vivo siete molto affiatati e versatili, ma qual è la dimensione migliore per i Mòn? Un palco grande, un secret concert casalingo o un club piccolo?
La differenza non la fa tanto il palco (ogni palco è potenzialmente il miglior palco) quanto la connessione che si crea tra noi e il pubblico.
Facciamo finta che ognuno di voi deve scegliere un musicista famoso che deve prendere il proprio posto nella band, in tal caso chi formerebbe i Mòn?
Alla batteria: Keith Moon
Al basso: Johann Sebastian Bach
Alla chitarra: Buckethead
Voci maschili e synth: Perotino
Voce femminile: Alice Glass
Siete una band spettinata (barba, baffi e capelli in abbondanza), vi rasereste tutti a zero, con tanto di barba fatta se vi dicessero che in tal caso i vostri dischi venderebbero di più così o per quale collaborazione sareste disposti a passare dal barbiere?
In realtà siamo molto adusi al cambio repentino di pettinatura (finite le registrazioni di Guadalupe ad esempio ci siamo tosati tutti per bene lasciandoci solo i baffi), quindi non sarebbe poi una richiesta così ardua. Quindi si direi. Per la collaborazione, dai vicini di casa C’Mon Tigre ai Beirut.
Leggi la recensione dell’album Guadalupe QUI.
Nato a Caserta nel 1989, innamorato folle della musica, dell’arte e del basket. Nel lontano 2003 viene letteralmente travolto dal suo primo concerto, quello dei Subsonica, che da quel giorno gli aprirono un mondo nuovo e un nuovo modo di concepire la musica.
Cresciuto col punk e la drum and bass, ama in maniera smoderata l’elettronica, il rock e il cantautorato. Fortemente attratto dal post-rock, dalla musica sperimentale e da quella neoclassica, non si preclude all’ascolto di altri generi definendosi un onnivoro musicale.
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