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Un’esperienza altalenante per Nicol Eltzroth Rosendorf

Nicol Eltzroth Rosendorf è un artista interdisciplinare originario di Atlanta impegnato nella realizzazione di opere con immagini in movimento, nate dall’incontro tra suono/musica e oggetti.

Il suo ultimo lavoro, Internal Return, rilasciato il 9 giugno via Negative Capability Editions, è un album che nell’atto di dare un significato a qualcosa ci spinge anche a eluderlo, a girarci intorno, a vedere un sorriso in un broncio e un broncio in una risata.

Internal Return è un’esperienza altalenante che passa da momenti giocosi ad altri ansiogeni, un continuo mutare che ha inizio con le sonorità di matrice drone di Olah (Burnt Offering), in cui il violino di Daniel Hoffman (Davka, Ute Lemper, Klez-X) e il clarinetto di Ben Bertrand si mischiano alla sintesi granulare, offrendo all’ascoltatore un primo episodio ricco di lirismo. Mentre l’elettronica si carica di profondità e malinconia, le chitarre esplodono improvvisamente e ripetutamente affiancate da un ritmo che sembra trascendere le linee temporali.

Wave Offering è un soundscape etereo caratterizzato dai suoni riverberati che lentamente scavano nella psiche dell’ascoltatore, come una cascata che scorre e consuma la roccia col passare del tempo. Nel finale i synth si gonfiano trasformando la coda in un momento caotico.

Il momento centrale dell’album è rappresentato da Cohen: l’elettronica s’intreccia con il violoncello tremolante di William Ryan Fritch arricchendo la traccia di pathos. Gli strati di sintetizzatori ti avvolgono lentamente come le spire di un serpente e con i loro strati creano un senso di oppressione.

In Rückkehr Rosendorf cambia totalmente registro. La settima traccia è un brano che lo vede sperimentare con il jazz: delicata, scandita dai piatti della batteria con delle morbide progressioni di pianoforte supportate da linee essenziali di contrabbasso. Elegante e raffinata, se proprio vogliamo trovarci un difetto, questo brano sembra che voglia esplodere da un momento all’altro ma in verità termina implodendo su sé stessa.

Il percorso di Internal Return si rivela aspro, pieno di droni scoppiettanti, sezioni strumentali sparse e deviazioni rumorose, un viaggio senza fine che lascia spazio alla libera interpretazione.



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