Oga Magoga: il Buio dentro il quale ci si può specchiare e amare
Gli Oga Magoga vengono da Siena e rappresentano una delle sfumature dell’indie rock italiano; il 15 marzo hanno presentato al pubblico il loro beat-pastiche con l’album Apollineo/Dionisiaco via Millesei Dischi.
Evitano di sembrare un gruppo standard grazie alle piacevoli incursioni di tromba e clarinetto, creando un sound perfetto per un’atmosfera da festa chill-out e un pop rock senza strattoni.
L’album suona come se provenisse dagli anni 60, al beat si unisce il britpop inglese e si ispira all’indie sia italiano che internazionale, in una miscela affatto banale che potrebbe ricordare i Beatles, Battisti o i The Lemon Twigs.
Apollineo/Dionisiaco è un album un po’ eclettico e un progetto ambizioso, e sicuramente soddisferà le aspettative di chi si aspettava un miglioramento rispetto al precedente album Phalena.
Terzo di un concept di quattro album, racconta di Glauco, il protagonista, e della sua fase di uscita da se stesso. Come si intuisce dal titolo, l’album si divide in due parti, un lato apollineo e uno dionisiaco che, messi a confronto, si specchiano e dialogano.
Obiettivo degli Oga Magoga è proprio quello di rappresentare il buio, un buio in cui però ci si può specchiare e amare. Tutto questo avviene tra due parenti, l’Intro e l’Outro, il primo in crescendo e il secondo in reverse, che è la vera peculiarità di questo album. La terza traccia, L’odore della notte, è la prima con testo che con la sua spensieratezza si contrappone alla malinconia di Non dormo quasi mai. Sugli stessi toni troviamo anche Euridice, ma con un cambio di temi: se prima il protagonista era Glauco, perso senza meta per la città alla ricerca di se stesso, ora troviamo un personaggio femminile accompagnato da bassi e chitarre che parla d’amore. La donna è posta in primo piano anche in Penelope; in questo brano però troviamo il senso di insicurezza che accompagna tutti i personaggi del disco che camminano senza sapere dove dirigersi, anche se lei insegue il cantante rincorrendolo. Comune denominatore di tutto il disco è il tema ricorrente della partenza e del ritorno, affiancato dallo scorrere del tempo e dalla nostalgia. Ci sono brani che si rincorrono e contrappongono a vicenda, come Samsara Bar e Synecdoche Pub che rappresentano il giorno e la notte, e sembrano due amanti che si cercano senza trovarsi.
Gli Oga Magoga sono un mondo parallelo che viviamo quotidianamente, quello fatto dalle emozioni, dai colori, dalle prime impressioni; è il rendersi conto che alla base di tutto non si possa trovare nulla, se non il nulla stesso. Nelle contrapposizioni di Apollineo/Dionisiaco possiamo cogliere dei limiti che la realtà pone riuscendo però a colorarla da nuovo.
Mi chiamo Elena, sono una studentessa dell’Università di Bologna da sempre appassionata di musica. Da quando mi sono trasferita ho iniziato a frequentare il Covo Club diventando quasi un membro onorario e ciò mi ha dato la possibilità di conoscere nuove band e approfondire il mio interesse verso quelle che ascolto da sempre. Principalmente interessata di indie/britpop, shoegaze/dreampop e cresciuta con gli Arctic Monkeys sono stata a numerosi concerti, dai “big names” come Kasabian, Libertines, Black Keys, Paolo Nutini, Florence + The Machine, The Wombats, Biffy Clyro, Pixies, Queens Of The Stone Age, passando per gli italiani Verdena, Giorgio Poi, Colombre, Dunk, Baustelle fino ai festival locali come “Beaches Brew” e “Handmade”.
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