Mater porta il discorso di Olivia Belli sulla natura su un piano quasi spirituale: proteggere la Madre Terra, celebrarla come si fa col divino
La Madre Addolorata sta, soffocata dai veleni del nostro tempo. La natura non cessa di essere fonte di ispirazione per la compositrice marchigiana Olivia Belli, prolifica musicista nostrana di comprovata esperienza. A Febbraio di quest’anno, la Belli aveva rilasciato un album, intitolato River Path, in cui descriveva col pianoforte la riscoperta di un fiume che l’aveva segnata da bambina, metafora di un’esplorazione con occhi nuovo del proprio mondo interiore parzialmente inaridito dalla vita di città. La sua nuova impresa discografica, intitolata Mater, mantiene come tema centrale la natura, ma inverte radicalmente la prospettiva: da introspettiva e riflessiva, la musica della Belli si proietta con forza verso l’esterno e prova ad abbracciare, se possibile, l’intero pianeta.
River Path era il diario del suo ritorno alla natura e ai luoghi dell’infanzia, il ritiro nella campagna marchigiana e la celebrazione delle sue bellezze. La nuova opera, uscita a distanza di qualche mese appena, porta avanti tematiche affini, ma sostanzialmente diverse; è un’esortazione a prendersi cura della propria terra, una preghiera intrisa delle sofferenze patite dal nostro pianeta con l’incedere delle problematiche ambientali.
Mater si dichiara basato sullo Stabat Mater, una delle composizioni più note di Giovan Battista Pergolesi, marchigiano di nascita ed uno dei maggiori esponenti della scuola musicale napoletana. La madre a cui si rivolge la Belli non è tanto quella sacra (nell’accezione cattolica del termine) della consuetudine gregoriana, ma non per questo è meno addolorata: è la madre terra, alla quale l’artista chiede, come nella tradizione liturgica, di poter condividere il suo dolore. Nell’era della cementificazione selvaggia, dell’industrializzazione ad ogni costo, Olivia Belli si propone di comporre un’opera che riassuma in musica la gravità della grande questione del nostro tempo: la tutela dell’ambiente.
Aditus descrive un evento familiare a chiunque abiti in una città (almeno) di medie dimensioni, ovvero il rituale di apertura delle finestre al mattino. Appena vengono sbloccate le ante, suoni confusi e distanti invadono le casse, rumori di auto e persone, vento per le strade, vita che scorre. Il brano è pervaso da un senso di agitazione, di disagio, rappresentato da un’unica, perforante nota alta che scala le vette del nostro udito fino a diventare decisamente fastidiosa.
Senza soluzione di continuità, Mater Lacrimans sposta la nota in sottofondo per dare voce al malessere che pervade buona parte dell’album. Archi malinconici ondeggiano con cadenza regolare, in maniera molto simile a quelli disposti dal Pergolesi in apertura del suo Stabat Mater, come a voler conferire un’aria sacrale, quasi liturgica alla sofferenza del nostro pianeta. Fumes insalubri si sprigionano dai tasti del pianoforte della Belli, trasmettendo un senso di pericolo imminente. La vocazione solenne di Mater si sublima nel corpo centrale del disco, quando la Belli esorta la Mater Dolens, come già aveva fatto la mater fons amoris dell’opera di Pergolesi, a condividere con lei il dolore, affinché si possa piangere con lei.
Exitio, la via d’uscita, strizza l’occhio (e non a caso) alle melodie già sentite in River Path e caratterizzate da un senso di profonda serenità e armonia, come a voler dire che il suo passaggio ad uno stile di vita intonato al mondo naturale e non invasivo dell’ambiente che la circonda possa essere l’alternativa (forse un po’ romantica) a tutto questo patire. Il pezzo di chiusura, De Anima, sembra voler ribadire con forza questo concetto: archi ariosi, progressioni al pianoforte intrise di vita e di speranza, uno sbocciare rigoglioso di suoni e colori che solo la natura libera è in grado di regalare.
Ancora una volta, Olivia Belli si conferma una sapiente conoscitrice dei linguaggi della musica, quelli che sono in grado di portare avanti discorsi, focalizzare tematiche e suscitare immagini anche senza ricorrere alla parola. Le ambizioni di Mater sono di certo lodevoli, nella misura in cui provano a porre l’attenzione su problematiche pesanti e tristemente attuali.
L’opera denota un certo grado di astrazione dal mondo del quotidiano, si concentra molto sul comparto emotivo e sulla spiritualità; è una panoramica del nostro pianeta visto dall’alto, così in alto che gli esseri umani, da un certo punto in poi, non si vedono affatto. I parallelismi con l’opera di Pergolesi impreziosiscono Mater, ne fanno un’opera colta, ragionata e non sono fini a sé stessi, ma sembrano piuttosto perorare la causa della Belli: dobbiamo celebrare la terra come celebriamo il divino, essere partecipi del suo dolore e impegnarci, ciascuno per quanto di ragione, a preservarla.
Troppo scoordinato per essere un musicista, troppo stonato per cantare, troppo povero per fare il produttore, sin dalla tenera età si decide a stare dal lato più affollato dei concerti (con l’eccezione di quelli di Bruce Springsteen, dove contare i membri della band è un’impresa). Cresciuto a pane e blues (a volte solo il secondo), dimostra sin da subito una straordinaria abilità nel ricordare a memoria i testi delle canzoni, il che purtroppo non gli è stato di nessun aiuto durante gli anni della scuola. Laureatosi con disonore nel 2015 in Giurisprudenza, oggi è avvocato, progettista, grafico, artigiano del cuoio, il tutto disponendo comunque della classica dotazione di due arti per lato del corpo, una coppia di orecchie ed un’unica, del tutto ordinaria massa cerebrale.
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