La galassia Psych-pop degli Orions Belte
ll 9 aprile è uscito Villa Amorini, secondo disco dei norvegesi Orions Belte, che loro stessi definiscono “un omaggio al periodo della musica ad alto volume, ai night clubs, alle brutte t-shirt e ai lunghi afterparties”. In effetti è passato poco più di un anno da quando è calato il sipario sulla musica dal vivo, eppure sembra essere passato un secolo. Ma quanto ci mancano i concerti? Agli Orions Belte di sicuro tantissimo tanto che il titolo dell’album, Villa Amorini, riprende il nome del locale di proprietà della famiglia di Chris Holm, il bassista della band, situato a Bergen e punto di riferimento della live music scene cittadina.
Oltre a Holm, le altre due stelle che compongono la cintura di Orione sono Øyvind Blomstrøm (chitarra) e Kim Åge Furuhaug (batteria). I tre hanno avevano pubblicato nel 2018 Mint, nove tracce interamente strumentali di squisito neo-psychedelic pop seguito dall’Ep Slim, dove risalta la pregevole cover di Cherchez la Ghost del rapper newyorkese Ghostface Killah.
Se il primo disco, Mint, tuttavia appariva più che altro come lettura sapiente di un copione largamente conosciuto, come un’esecuzione impeccabile dove l’asticella della sperimentazione era stata tenuta dai tre musicisti volutamente bassa, Villa Amorini è una spanna sopra in quanto ad audacia e ambizione.
Il disco si apre con Bean, una deliziosa ballad dal “flavour” nostalgico che scorre nel solco sonoro scavato dagli Allah-Las e dai Khruangbin.In Speakeasy, brano dalla ritmica più accentuata, la sensazione è quella di fare un viaggio in un paesaggio desertico con le trame chitarristiche di Blomstrøm che suonano quasi roots-rock (Calexico, ndr) se non fosse per un repentino capovolgimento di fronte che ti riporta subito in una dimensione ipnotico-surreale. La successiva Conversations, brano con una presa micidiale, è una delle poche canzoni del disco arricchite da armonie vocali. Qui Blomstrøm, che dei tre membri della band è quello che fa suonare le sue corde vocali con maggior frequenza è affiancato dalla giovanissima e promettente Shikoswe.
Il rapimento melodico di Conversations viene stroncato da How long is…cold pizza good for, composizione molto elaborata dove la sperimentazione diviene il punto focale. Con la successiva doppietta Drumstick / Dearest invece si torna su atmosfere tra il pop-ipnagogico e l’ambient-drone. Lotus è forse la proiezione sonora più psichedelica del disco, arricchita da incursioni elettroniche ed evanescenze funk. What’s with you ha fortissime evidenze lo-fi e una certa attitudine “slacker”, che richiama alla mente il geniale musicista losangelino Bek David Campbell, alias Beck.
Piacevole ma tutto sommato poco incisiva è Mouth mentre We should stay like this forever è trasognante e delicata. Chiude il disco la bonus track Conversaciones, rivisitazione linguistica della già elogiata Conversations dove la band collabora con l’artista messicana Pau Sotomayor.
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