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Ossi: come la psichedelia spiega la realtà

Gli amanti della sperimentazione italiana non faranno fatica a riconoscere i nomi di Vittorio Nistri e Simone Tilli, componenti dei Deadburger, una delle formazioni d’avanguardia più importanti d’Italia per la sua capacità di superare ogni confine sonoro e di avventurarsi in esplorazioni extra-musicali.

Ecco, prendete la musica dei Deadburger e mettetela (temporaneamente) da parte: il nuovo progetto del duo, Ossi, appartiene ad un’altra scuola. Si tratta infatti di un omaggio al garage/psych rock, un genere che, paradossalmente, avrebbe apparentemente ben poco da offrire a livello di innovazione, essendo ormai codificato da decenni e gli stessi fan non sono mai stati troppo aperti a contaminazioni varie.

Ma da musicisti come Nistri e Tilli è giustamente lecito attendersi un’interpretazione personale del suddetto stile ed infatti i due ce la mettono tutta per smarcarsi dai clichè di genere. Per farlo si affidano sia ad un sapiente uso della componente elettronica, presentata nella sua forma più sotterranea e spaziale, sia a delle collaborazioni di tutto rispetto, quali Bruno Dorella (OvO, Bachi da Pietra), Dome la Muerte (Not Moving) e Andrea Appino (Zen Circus).

L’album omonimo, in uscita il 9 settembre 2022 per Snowdonia, si apre con i sessanta secondi di invettive politiche di Ventriloquist Rock, una breve mazzata psichedelica che tra synth pulsanti ed intense schitarrate mette in chiaro che alla musica allucinata corrisponde uno sguardo clinico verso la realtà ed il presente. E così fra l’organo di Ricariche à la Doors e l’incursione nel folk di Toy Boy si arriva alla mastodontica suite Out Demons Out, che in nove minuti abbondanti fa da manifesto del gruppo: uno spaccato sulle follie dell’epoca pandemica, tra complotti, dichiarazioni surreali ed errori grossolani fa da sfondo per una suite che riprende l’Edgar Broughton Band e si evolve in un climax ascendente denso di loops, synth dal sapore space e la chitarra di Dome la Muerte a ricamare riff angolari o esotici, come dimostra il sapiente uso del sitar guitar.

Monk Time riprende un brano dei Monks riarrangiato per l’occasione: il racconto di don Piero, parroco di Lerici, passato agli onori della cronaca per aver sconsigliato alle sue parrocchiane di indossare gonne o vestiti corti. Perché vietati in luoghi sacri? No, perché altrimenti “i femminicidi e gli stupri sono colpa loro”. C’è spazio anche per l’esplicita Naturalmente non possiamo pagarti, un garage senza compromessi ma con l’occhio fisso su contaminazioni inaspettate; chiude Navarre, unico brano a presentare un testo scritto non solo dalla coppia Nistri-Tilli: Luca Buonaguidi è infatti co-autore di un testo ermetico dedicato all’omonimo lupo, una malinconica litania sonora giocata su loops e chitarre sotterranee.

Ossi è un interessante tentativo di scardinare il manierismo del garage/psych rock, una sfida che solo due musicisti come Nistri e Tilli potevano raccogliere. Ciò che si percepisce nel disco è infatti la curiosità di affacciarsi oltre i confini e sfruttare delle possibilità sonore anche dove sembrerebbero non esserci. Dunque, se musicalmente il progetto Ossi può sembrare (ed è) lontano dai Deadburger, è nell’attitudine e nella personalità degli artisti coinvolti che si respira quella ricerca costante che ha da sempre contraddistinto la Factory.

Una menzione necessaria per l’artwork, che presenta in copertina uno scheletro disegnato da Andrea Pazienza e per il booklet, in formato fumetto da sfogliare e con tante illustrazioni di Ugo Delucchi, che di Pazienza fu allievo. Un omaggio a Frigidaire in un disco che supera i confini musicali e abbraccia quelli dell’arte a tutto tondo.




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