Penelope’s Fiancé e le sue lame affilate
La punta di diamante del coltello affonda nella carne e la lacera come se fosse burro. Allo stesso modo le trame sfocate e sporche di Penelope’s Fiancé colpiscono gelide come lame. Stiamo parlando di The Cutting Edge Of The Knife, album con il quale il produttore greco Fanis Tornikidis approda su Hypermedium per il suo debutto in vinile.
Sei tracce per un suono che attraversa i confini del lo-fi, post-industriali, dungeon synth e fuzzy techno, brani emotivamente intensi, fondendo una grandezza spettrale e cupa con motivi percussivi soffocanti a grandi tappeti di sintetizzatori.
L’opener Lethe è avvolta dal mistero, su di essa si abbatte un’atmosfera criptica per una texture pregna di ronzii letargici, campioni vocali sparsi e una ritmica asfissiante.
Peculiarità di Penelope’s Fiancé è proprio la ritmica incessante come si evince da I Was Not Always There, un’elegia oscura e seducente dai taglienti kick e gelidi hi-hat. Contribuiscono a creare un mood malinconico
le melodie dei synth che fanno da sfondo alla produzione. Anxiety è il pezzo più techno di tutto il lavoro: un basso cavernoso si staglia su una ritmica lenta e ipnotica. L’aggiunta delle voci campionate rende la produzione seducente.
Tornikdis conserva le cose migliori da farci ascoltare per il finale dell’Ep con The Lie Closest To The Truth e la title track. La prima è una produzione carica di distorsioni e di ronzii, gelidi tappeti di sintetizzatori, il tutto crea un effetto cacofonico in grado di stordire l’ascoltatore. La seconda posta in chiusura dell’Ep è influenzata da suoni orientaleggianti, una produzione intrisa di vaporose percussioni mediorientali e canti simili a muezzin.
The Cutting Edge Of The Knife è un buon lavoro, ben curato ma che non toglie e non aggiunge nulla alla già vasta discografia di Penelope’s Fiancé.
Nato a Caserta nel 1989, innamorato folle della musica, dell’arte e del basket. Nel lontano 2003 viene letteralmente travolto dal suo primo concerto, quello dei Subsonica, che da quel giorno gli aprirono un mondo nuovo e un nuovo modo di concepire la musica.
Cresciuto col punk e la drum and bass, ama in maniera smoderata l’elettronica, il rock e il cantautorato. Fortemente attratto dal post-rock, dalla musica sperimentale e da quella neoclassica, non si preclude all’ascolto di altri generi definendosi un onnivoro musicale.
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