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A Ride: la storia di un fuggiasco raccontata da Phill Reynolds

Per quanto Phill Reynolds, alter ego di Silva Cantele, sia arrivato recentemente anche ad un pubblico generalista, complice l’apparizione all’ultima edizione di X Factor (ed un’inspiegabile eliminazione ai Bootcamp), in realtà il musicista veneto è da anni tra i principali depositari della tradizione di musica nordamericana nel nostro Paese.

Cantautore atipico, musicista dalle indubbie doti, Phill Reynolds è riuscito a plasmare all’interno del proprio sound tutte le caratteristiche di quel mondo d’oltreoceano: una tecnica che ricorda il primitivismo americano dei vari Sandy Bull e John Fahey, una fascinazione per il dark folk dei cantautori statunitensi d’avanguardia (echi di Scott Walker?) ed un ovvio quanto doveroso occhio di riguardo per il mondo del country, concepito nelle sue sfaccettature più alternative ed intriso di quell’Americana che i Calexico hanno riabilitato alla fine degli anni ’90.

Al di là di questo background, Phill Reynolds non si è mai limitato a fare da interprete ed anzi è diventato lui stesso cantore di quel mondo. Così, il suo nuovo album, A Ride, in uscita il 17 giugno 2022 per Bronson Recordings, è un concept nato nel lontano 2015, quando il musicista durante un tour negli USA ha osservato i cambiamenti di quelle terre e, anni dopo, ha deciso di raccontare la storia degli ultimi tre giorni di vita di un fuggiasco.

Uno slice of life narrato in undici episodi, cronologici ed immediati come delle istantanee. La fuga inizia con l’infuriato fingerpicking di This Isn’t Me per poi tramutarsi in una ballad riflessiva ed esistenziale à la Tom Waits in Man In A Suitcase.

Non mancano collaborazioni di un certo livello: la chitarra blues di Stefano Pilia infiamma le note e i dolori di Dive Bar Oblivion, mentre Iosonouncane (cori, basso, synth e field recordings) è co-protagonista del brano più spettrale dell’album, World On Fire, una delicata litania dall’atmosfera crepuscolare. C’è spazio anche per la rinascita nel folk intimo e personale del singolo The Fault Is Mine, così come per il climax ascendente di In the Dark, che vanta la presenza dei C+C=Maxigross.

Arrangiato in modo più accorto degli album precedenti, A Ride è sicuramente il disco più maturo di Phill Reynolds, anche se ha perso un po’ del fascino primigenio degli altri lavori. Tuttavia si conferma ancora una volta l’innegabile talento del musicista, che ormai giunto al quarto capitolo si attesta di diritto fra i più importanti cantori della tradizione americana.




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