Portico Quartet: un ritorno ad alti livelli
Con una formula in grado di coniugare jazz, minimalismo ed elettronica, i Portico Quartet hanno costruito la propria carriera all’insegna della sperimentazione, spingendosi spesso verso soluzioni inedite come l’uso dell’hang o le contaminazione con la world music.
A distanza di sei mesi dall’esperimento ambient di Terrain, la formazione londinese pubblica il suo gemello diverso, Monumet.
Pubblicato il 12 novembre 2021 da Gondwana Records, il nuovo album arriva direttamente dalla sessione di registrazioni del precedente disco rivelandosi però un lavoro più accessibile e diretto, un classico disco alla Portico Quartet con tutti gli elementi tipici del loro sound.
Le 10 piccole gemme di Momument si collocano a metà strada tra l’album omonimo e Art in the Age of Automation, un chamber jazz caratterizzato da un sound snello e ritmico abbellito da pennellate elettroniche.
In apertura l’eterea Opening è caratterizzata dai toni morbidi dell’hange dal timbro caldo dei fiati, un ritorno a quel sound da piccola orchestra avantgarde in grado di conquistare il consenso di critica e pubblico. Entriamo nel vivo dell’album con Impressions, un mix di energia e groove. Nella seconda traccia il duo abbina sapientementei ritmi da club all’eleganza del jazz e, attraverso l’uso di reiterazioni e stratificazioni dà brio e vivacità alla strumentale.
Ever Present si regge su un patter di pianoforte dal quale si sviluppa una melodia nostalgica. Lentamente vengono introdotti nella strumentale basso e batteria utilizzati per dare euforia alla traccia.
Nella title track hang e batteria s’intrecciano formando una complessa trama ritmica mentre i fiati disegnano le armonie del brano. Il finale vaporoso è affidato ai sintetizzatori per creare un effetto cinematografico. Tra pulsioni elettroniche e melodia del sax, A.O.E. è una delle tracce più interessanti del disco: un respiro ambientale si alterna con attimi intensi nei quali violoncello, sax e batteria seguono i suoni alienanti dei sintetizzatori.
Monument è un disco energico e raffinato, un’ode per Duncan Bellamy e Jack Wyllie ai tempi migliori. Un ritorno ad alti livelli per i Portico Quartet dopo le precedenti prove poco convincenti.
Nato a Caserta nel 1989, innamorato folle della musica, dell’arte e del basket. Nel lontano 2003 viene letteralmente travolto dal suo primo concerto, quello dei Subsonica, che da quel giorno gli aprirono un mondo nuovo e un nuovo modo di concepire la musica.
Cresciuto col punk e la drum and bass, ama in maniera smoderata l’elettronica, il rock e il cantautorato. Fortemente attratto dal post-rock, dalla musica sperimentale e da quella neoclassica, non si preclude all’ascolto di altri generi definendosi un onnivoro musicale.
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