Portraits and Planets di Erik Dæhlin è più che semplice musica da camera: è una carrellata di stravaganze sonore magistralmente eseguite
Alcuni album, come Portraits and Planets di Erik Dæhlin affrontano a viso aperto la sfida del tempo, proponendo formule collaudate ormai da secoli e reinterpretandole in chiave moderna. Il format di Portraits and Planets è quello della musica da camera, nell’accezione propria del termine: il compositore compone per un piccolo gruppo di strumenti, gli artisti eseguono. Per l’occasione, Dæhlin si serve della collaborazione del neoN Trio, composto da Yumi Murakami, Karin Hellqvist ed Heloisa Amaral. La spaccatura con la tradizione nasce dal fatto che la musica da camera di Dæhlin, nell’era del minimalismo estremo, assume connotazioni estetiche diverse rispetto al passato; si allontana dai circuiti del mainstream e assume posizioni quasi di frontiera.
L’apparente (ma sottile) disorganicità della tracklist è dovuta al fatto che Portraits and Planets è in realtà una selezione di musica da camera composta da Dæhlin tra il 1998 e il 2015 ed eseguita nel 2016 dal neoN Trio con la collaborazione della marimba di Jennifer Torrence per l’ultimo brano. In mancanza di ulteriori informazioni, non ci è dato sapere perché Dæhlin abbia deciso di riproporre queste tracce proprio oggi, o perché abbia scelto proprio queste e cosa rappresentano; dobbiamo pertanto affidarci all’immaginazione, e supporre che i brani contenuti in Portraits and Planets abbiano ricevuto l’onore della pubblicazione perché rappresentano qualcosa per l’artista che li ha partoriti.
Il filo conduttore che sembra legare insieme questa collezione eterogenea di lunghe suite e brevi passaggi è il comportamento erratico degli strumenti acustici. Archi e fiati producono suoni distorti agitandosi come insetti impazziti in una cornice melodica scheletrica, a tratti persino inesistente. Più che composizioni, le tracce di Portraits and Planets sono sperimentazioni al limite del surreale, di quelle che farebbero gola alla fanbase di Daniel Blumberg.
L’intero album è poi pervaso da un affascinante caleidoscopio di riverberi e sfumature, per il quale parte del merito è da attribuire al luogo in cui le tracce sono state registrate: la chiesa di Sofienberg a Oslo, conosciuta agli addetti ai lavori locali per le particolari doti acustiche della struttura. I suoni hanno spazio, fisico e metrico, per espandersi, rimbalzare e sfiorarsi in una danza ipnotica.
Dalle tonalità cupe delle varie istanze di Traces et Istantanés all’atmosfera da colonna sonora delle tre Portraits, Dæhlin si presenta come quei mercanti orientali che offrono allo spettacolo dei curiosi ogni genere di esotiche stravaganze. I musicisti del neoN Trio sono di qualità eccelsa e conferiscono all’opera una personalità peculiare, come se avessero adottato il manifesto di una musica decisamente fuori dagli schemi, imbarcandosi nell’ardua missione di esserne i portavoce. L’esperienza di ascolto di Portraits and Planets è tanto alienante quanto appagante; si resta ammaliati per diversi minuti dopo che l’ultima corda ha smesso di vibrare, nel vano tentativo di razionalizzare e di stabilire se ciò che si è sentito sia reale o solo frutto di una fervida immaginazione.
Troppo scoordinato per essere un musicista, troppo stonato per cantare, troppo povero per fare il produttore, sin dalla tenera età si decide a stare dal lato più affollato dei concerti (con l’eccezione di quelli di Bruce Springsteen, dove contare i membri della band è un’impresa). Cresciuto a pane e blues (a volte solo il secondo), dimostra sin da subito una straordinaria abilità nel ricordare a memoria i testi delle canzoni, il che purtroppo non gli è stato di nessun aiuto durante gli anni della scuola. Laureatosi con disonore nel 2015 in Giurisprudenza, oggi è avvocato, progettista, grafico, artigiano del cuoio, il tutto disponendo comunque della classica dotazione di due arti per lato del corpo, una coppia di orecchie ed un’unica, del tutto ordinaria massa cerebrale.
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