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I Project-To alla ricerca della forma esatta.

Rumoroso e cinematografico, stiamo parlando di Iro, terzo lavoro per il collettivo torinese formato da Riccardo Mazza e Laura Pol che prende il nome di Project-To.

Dopo aver esordito nel 2016 con la dualità del big beat e della techno-ambient  di The White Side, The Black Side, i due confermano la loro appartenenza al lato oscuro con il nuovo album,  uscito il 9 novembre per Machiavelli Music Publishing e Gravity Records.

L’elettronica colta espressa dai due musicisti nelle sei tracce del disco è tutt’altro che colorata, come indica il titolo dell’album Iro, infatti in giapponese significa colore. L’unica nota vivace di questo lavoro è l’uso della voce che, assente nei precedenti lavori, qui scandisce le lente e grigie strutture elettroniche.

Toni scuri e metallici, post industriali, un uso massiccio dei sintetizzatori con una cassa sempre pulsante e martellante sono le caratteristiche delle sei nuove produzioni.

Sumire Odo, la traccia di apertura, ci conduce alla scoperta dei differenti haiku ai quali ogni composizione è dedicata. I suoni ferrosi e il coro di voci bianche sono un contrasto ben riuscito che ci trascinano in un luogo alienante. Le voci trasformate diventano noise e fanno parte di una composizione essenziale in cui ogni elemento si incastra perfettamente.

La cassa dritta di Harumo Umi dirige le pulsazioni dei synth, l’effetto è una traccia cerebrale, un chiodo che si ficca violentemente nel cervello.

Il rumore si fa assordante, quasi apocalittico, in Inazuma Ya. La traccia, che ha nelle sue influenze sicuramente il maestro Aphex Twin, gioca sulle ripetizioni all’infinito fino al boato finale, come se dal nulla si alzassero lentamente delle polveri ad oscurare il cielo.

Il battito di Yakuto Shite ridà respiro a chi ascolta, giusto un attimo prima dell’assalto finale del rumore alle nostre orecchie. Un’ottima traccia quella conclusiva che non stanca perché il duo lavora egregiamente con le dinamiche, sapendo quando aumentare il ritmo e quando rallentare.

Semplice e sincero come un haiku, Iro è un album che lascia il segno, e come nei componimenti giapponesi in questo album ha più peso il non detto rispetto a quello che viene detto.




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