Nel Deep Dark Blue con R.y.f.
R.y.f., acronimo di Restless Yellow Flowers, ovvero fiori gialli inquieti, è il progetto solista di Francesca Morello, songwriter e chitarrista di base a Ravenna. R.y.f. cerca di dare una voce a ogni diversità, alla comunità queer, alle persone non binarie e a tutte le creature favolose. Deep Dark Blue, il suo ultimo album, è uscito il 5 aprile 2024 per Bronson Recordings.
Nel 2012 esordivi con Some years ago but now… Da allora sei passata da arrangiamenti molto semplici e minimalisti per un disco quasi solo chitarra-voce al sound oscuro di Deep Dark Blue nel quale il post-punk si mischia con l’electro. Ci racconti dei cambiamenti e l’evoluzione che ha caratterizzato la tua musica dagli inizi oggi.
Il motivo per il quale faccio musica è rimasto sempre lo stesso, da quando ho fatto il mio primo concerto nel 1996, ed è la necessità di esprimere quello che sento, vedo, quello che mi rende felice o mi disturba. Sono sempre stata una persona che non esprime bene a parole i propri sentimenti e quindi ho trovato un’altra strada. La musica è stato il canale con il quale più facilmente sono riuscita a far scorrere i pensieri. Sono partita con la chitarra e la voce, sono passata attraverso alcune band e poi tornata nel 2012 al solo con la chitarra. La metamorfosi da Some years ago but now a Deep Dark Blue passa attraverso la crescita interiore e forse la consapevolezza sempre più forte che la musica è la mia vita. Nel tempo, ho imparato a credere un po’ più in me stessa e a dare spazio a quello che tenevo stretto e un po’ soffocato dentro. L’incontro con synth e drum machine durante il lockdown è stato illuminante e mi ha dato la forza di osare.
Altra differenza sostanziale rispetto al passato è il passaggio da una dimensione “solitaria” in cui tu ti occupavi della tua musica a 360 gradi, a Deep Dark Blue in cui troviamo le produzioni di Maurizio “Icio” e Baggio Matteo Vallicelli, i featuring di Moor Mother, Skin (Skunk Anansie) e Alos. Da cosa è nata l’esigenza di coinvolgere altre persone nella tua musica?
A dire la verità, anche Everything Burns aveva la produzione di Maurizio «Icio» Baggio. Entrambi gli album sono partiti da una mia pre-produzione e registrazione casalinga dei pezzi, solo che questa volta ho deciso di lavorare dall’inizio con Icio e non affidargli solo il mix e master. Credo che sia stata una delle migliori scelte artistiche che io abbia mai fatto. Per quanto riguarda i featuring, nel disco precedente avevo già deciso di collaborare con So Beast e in generale ho sempre pensato che mi sarebbe piaciuto collaborare con amici o artisti che ammiro, ma semplicemente per una questione di tempistiche e altri fattori non ci ero riuscita. Credo sia molto interessante e importante la collaborazione con artist* che amo e rispetto perché non può che rendere il mio lavoro ancora più completo.
A questo punto sono curioso di sapere cosa ascolti ultimamente.
Dipende, a volte faccio dei salti nel passato, alla musica che ascoltavo una ventina di anni fa, ultimamente sto in fissa con l’ultimo disco di Moor Mother, ascolto spessissimo Sega Bodega, Auty Razyor, Sextile e vago a caso tra le playlist in cerca di cose che colpiscano le mie orecchie.
In Lies hai usato il campionamento di una registrazione vocale di un tuo orgasmo per creare una sezione del beat. Possiamo considerare la musica come una fonte straordinaria di vibrazioni e stimoli che agisce direttamente sulla sorgente dei sensi, provocando piacere?
Assolutamente sì, la musica ti può rapire e portare dove vuole o ti puoi far portare dove desideri. Può trasformarsi in esperienza trascendentale, può guarire, può renderci felici o coccolarci quando siamo tristi e, se non desse piacere, non sarebbe parte fondamentale della mia vita e di quella della maggior parte delle persone che conosco.
In una recente intervista Peaches ha dichiarato: «Il vento di destra è forte, ma bisogna lottare». Secondo te che ruolo ha un artista nella società attuale? In che modo si relaziona tra musica e politica?
Credo che tutto quello che facciamo sia politica, come interagiamo con le persone, come ci comportiamo davanti a discriminazioni e anche se buttiamo o meno i rifiuti negli appositi cestini. Nel momento in cui poi si ha una visibilità maggiore, credo sia importante mandare dei messaggi e, per quanto mi riguarda, visto che abbraccio la comunità queer, credo sia altrettanto importante portare avanti certi tipi di discorsi e lottare con la mia famiglia allargata delle minoranze discriminate per fare in modo che chiunque abbia gli stessi diritti. Bisogna unire le forze e dare voce a tutte le nostre piccole realtà, l’intersezionalità è una necessità.
In più di dieci anni di carriera e in modo particolare con Deep Dark Blue hai avuto parecchie soddisfazioni (vedi i featuring nel disco). C’è qualche desiderio che vorresti realizzare?
L’unica cosa che vorrei e voglio da sempre è cantare e suonare il più possibile perché è quello che mi rende felice.
Prima di salutarci ci lasci con un messaggio o una citazione diretta a chi ascolta la musica.
È la frase preferita di Stefania (mia moglie) e anche la mia: «Se non posso ballare, non è la mia rivoluzione»
Leggi la recensione dell’album Deep Dark Blue QUI
Nato a Caserta nel 1989, innamorato folle della musica, dell’arte e del basket. Nel lontano 2003 viene letteralmente travolto dal suo primo concerto, quello dei Subsonica, che da quel giorno gli aprirono un mondo nuovo e un nuovo modo di concepire la musica.
Cresciuto col punk e la drum and bass, ama in maniera smoderata l’elettronica, il rock e il cantautorato. Fortemente attratto dal post-rock, dalla musica sperimentale e da quella neoclassica, non si preclude all’ascolto di altri generi definendosi un onnivoro musicale.
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