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Moonlit Panacea: fra tribalità e psichedelia

Con la loro quarta fatica, Moonlit Panacea, in uscita il 18 gennaio 2023 per Riforma, i Rainbow Island decidono di mescolare ancora una volta le carte e di prendere, almeno in parte, le distanze da Illmatrix (2020), l’album con cui li abbiamo temporaneamente congedati.

Intendiamoci: elettronica e psichedelia continuano ad essere le coordinate sulle quali il loro sound si evolve e muta, ma se nel disco precedente erano le tensioni e le ansie scaturite a prendere la scena, adesso è una riflessività ambient a fare da protagonista.

Echi di Jon Hassell e di quella tribalità appartenente ad un mondo lontano permeano i sei brani del disco, senza mai però focalizzarsi solo sulla dimensione atmosferica e anzi prestandosi ad ulteriori sconfinamenti sonori. A questo proposito è sintomatico già il pezzo d’apertura, Karplusan Forest, i cui connotati innegabilmente esotici sono bilanciati da leggiadri ritmi sotterranei.

Una leggerezza riscontrabile anche nella successiva Hidden Birubu, un racconto allucinogeno ambientato in un bosco illuminato dalla luna piena, mentre Tulpa Therapy Blues, nomen omen, è a tutti gli effetti un delicato arpeggio rigenerante dal sapore blues.

La seconda parte dell’album non muta i connotati, ma si limita ad aggiungere qua e là qualche nuova proposta: è il caso della sacralità space di Corinthium Ocarinos, un esperimento a metà fra un sermone e un viaggio interspaziale nei meandri dell’universo. Un tono vagamente spettrale riscontrato anche nella lunga Mithra Night Soup, una litania rituale appartenente ad un segreto culto misterico.

Moonlit Panacea conferma l’estro senza freni dei Rainbow Island, ancora una volta coraggiosi (ma questa non è una novità) e capaci di tirare fuori nuovi spunti con un’invidiabile facilità. Una seconda parte non all’altezza della prima penalizza il risultato complessivo, ma non abbassa il livello di complessità di un album che straborda di psichedelia e sperimentazioni da tutti i pori.



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