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Shyrec e Toten Schqan: un tributo alla musica fuori dagli schemi.

In questo numero della rubrica Rapide, puntiamo i riflettori su due realtà discografiche indipendenti che operano con passione e visione: Shyrec, un’associazione che da vent’anni dà spazio a progetti musicali innovativi, e Toten Schwan, un’etichetta che esplora l’underground più sperimentale e fuori dagli schemi.

Attraverso le parole dei loro fondatori, scopriremo le origini, le sfide, i valori e i progetti futuri di queste due etichette che incarnano l’anima indipendente della musica italiana e oltre. Un viaggio tra creatività, dedizione e una profonda connessione con la scena musicale.

Buona lettura!

Rapide #37 - Speciale etichette Radioaktiv

Shyrec

Shyrec è un’etichetta musicale indipendente italiana, fondata nel 2004, che si è specializzata nella promozione nella produzione di musica di diversi generi. L’etichetta è nota per il suo approccio curato e selettivo, puntando sulla qualità musicale e sulla creatività degli artisti con cui collabora.

Come è nata l’etichetta e perché l’esigenza di una label personale.

Premetto che Shyrec nasce e vive come associazione, di cui io mi trovo a volte essere l’interfaccia pubblica, almeno nel web.

Tuttavia tutte le scelte sono condivise tra noi soci, prima di tutto siamo degli amici che condividono questa esperienza e passione da ormai 20 anni: a fine 2004, alcuni di noi avevano individuato una giovane band meritevole di supporto e aiuto, ma come fare?

Quindi si pensò di organizzare una struttura, coinvolgendo per competenza altri amici, e fondando così l’etichetta.

Ci racconti come hai scelto il nome dell’etichetta e cosa vuole significare.

Fin dall’inizio l’idea condivisa fu di operare sottotraccia, lasciando la musica come unico elemento preponderante e distintivo del nostro lavoro come etichetta, evitando di farsi investire dall’hype e privilegiando i contatti umani: un scelta dispendiosa sotto il profilo emotivo e fisico, ma appagante sotto tutti gli altri aspetti.

Il nome Shyrec (una contrazione di “timide registrazioni”) è semplicemente un riassunto di questo manifesto.

Un artista che ti piacerebbe produrre.

Penso questo sia un quesito difficilissimo: le molte anime di Shyrec hanno gusti musicali diversi, questa è una peculiarità che rende il nostro catalogo molto ricco e variegato, anche se con un evidente comune denominatore.

Personalmente in questo momento non ho in mente un nome o una ragione sociale specifica, ma mi piace l’idea di poter lavorare con/su un progetto che sia anagraficamente giovane, consapevole di cosa succede al fuori dalla bolla social e che abbia una identità definita, attuale ma non necessariamente moderna.

In questo periodo storico è meglio spingere il formato digitale o rivolgersi a una nicchia che acquista i formati fisici pur sapendo di non ottenere un grande ritorno economico?

A vantaggio di chi ci segue, è corretto sottolineare che il digitale da un ritorno economico esiguo che sfiora il ridicolo, a meno che non si parli di numeri di streaming ai nostri livelli neppure immaginabili.

Negli store digitali ci si sta perché “si deve essere presenti”, perché è indirettamente una forma di promozione, perché una parte di pubblico esiste solo lì.

Il digitale è un servizio a vantaggio dell’utente (a pagamento o meno), che genera altri servizi post vendita, alimentando così una bolla perversa che falsa spesso la percezione di chi osserva la cosa da fuori: un giorno esploderà, “ma non è oggi quel giorno”(cit.)

A mio avviso, se si dispone di un budget risicato, per non rischiare débacle economiche, è bene “capire” che disco si sta producendo, decodificandone il “linguaggio” per individuare quale pubblico si vuole intercettare; in base a queste informazioni  è opportuno “diversificare”, decidendo quanto investire sui vari formati fisici o meno.

Aggiungo che, a sensazione, per il formato fisico il mercato sta tornando timidamente verso il CD.

Progetti per il futuro.

Come da previsioni per Shyrec anche il 2025 si prospetta un anno caotico,  nell’immediato non abbiamo uscite schedulate, ma moltissimi lavori in cantiere.

Contiamo di celebrare i 20 anni di attività, ma senza grande clamore: ci sarà sicuramente un evento coccolo, divertente e memorabile.

Avrete a breve notizie.

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Rapide #37 - Speciale etichette Radioaktiv

Toten Schwan

Toten Schwan è un’etichetta discografica indipendente che si specializza nella produzione e distribuzione di musica underground e alternative. Si distingue per la sua attenzione a generi come noise ed elettronica, promuovendo sonorità sperimentali. L’etichetta adotta un approccio eclettico, sostenendo artisti che operano al di fuori dei circuiti commerciali tradizionali.

Come è nata l’etichetta e perché l’esigenza di una label personale.

Devo aprire un discorso doloroso, ma inevitabile. Toten Schwan nasce per mano di Davide Rossi, mio fraterno amico, sul finire della prima decade del nuovo millennio. Sono anni in cui ci siamo persi di vista, e sarà proprio l’etichetta a rimetterci in contatto. Come se non fosse passato un giorno, ricominciamo a frequentarci. Davide mi fagocita dentro Toten Schwan, al punto che pian piano si defila lasciandomi alla guida. In quel momento non capisco che il suo allontanamento nasconde altri propositi. Davide nel settembre del 2019 si suicida. Io non so cosa fare nell’immediato, poi decido di portare avanti la sua creatura, e da allora scelgo di non avere alcun collaboratore. Perso Davide ho perso tutto, e sostituirlo vorrebbe dire trovare una persona del suo spessore. Impresa impossibile. La sua esigenza nel momento della creazione di Toten Schwan era quella di riunire la scena locale del levante ligure ”under one flag”. Cosa che gli riesce fino a un certo punto quando si scontra con le invidie e le scorrettezze. Lo convinco a non mollare e a ricalibrare il tiro dell’etichetta, spostandola verso una visione più tradizionale della cosa. Idea di base che va avanti ancora oggi, nonostante ripetuti e necessari aggiustamenti in corso d’opera. Le persone sono ingannevoli, ma il tempo sancisce sempre il valore di ognuno. Inevitabile di tanto in tanto scremare un pò le frequentazioni. Al netto di tutto questo io continuo a portare avanti Toten Schwan per lui – anche se sono sicuro che oggi non apprezzerebbe questo mondo in cui ci muoviamo – e in parte anche per me, per sublimare le mie difficoltà esistenziali mascherandole dietro a dischi che mi fanno stare meno male.

Ci racconti come hai scelto il nome dell’etichetta e cosa vuole significare.

Il discorso è complesso. La scelta è stata di Davide, per cui io ti riporto quello che al tempo mi disse. A distanza di anni, e con quello che è accaduto rischio di omettere qualcosa, o di avere una percezione distorta della realtà delle cose, per cui mi scuso in anticipo. La storia ruota intorno all’idea di unire la musica e il territorio. E quindi il teschio, icona storicamente associata a un certo tipo di sonorità estreme, e il cigno, animale simbolo della Liguria, nostra terra di origine. Dead Swan in inglese era, oltre che scontato, un richiamo che andava in direzione di una sovrapposizione a band già esistenti, che potevano inquinare il concetto, falsandolo nella sua accezione. Ragion per cui Davide scelse il tedesco. Niente di più niente di meno.

Qual è il disco prodotto al quale ti senti più legato e perché.

Su questo non ho dubbi. L’anno dell’odio di Hate&Merda. Intanto è stato il primo vinile per Toten Schwan dopo 44 uscite in CD. E poi perché ho creduto sin da subito nel progetto, al punto di spingere per la realizzazione più di quanto non facessero i due merdaioli. Pensavo che ci fosse davvero qualcosa che potesse andare colmare un vuoto esistenziale, e così è stato. Infine, terzo motivo, mi regala ancora grande soddisfazione pensare alla promozione dell’album. In particolare a tutte quelle webzine che ridevano del nome e della copertina, e non lo prendevano in considerazione. Le stesse che a distanza di anni mi chiedono una copia fisica per le recensioni, rimangiandosi tutto. Copie che non mando, motivando il rifiuto con un laconico ”non c’è bisogno di un CD per recensire un album di Hate&Merda, basta lo streaming per capirlo”, forte anche dell’idea – neanche troppo irreale – che se recensiscono un loro album su un portale chi ci guadagna in visibilità oggi come oggi è proprio il portale. Hate&Merda non hanno bisogno di alcuna pubblicità, non seguono le mode, le dettano.

Un artista che ti piacerebbe produrre.

Sostanzialmente sono tre. Li seguo e li sogno da anni. Consapevole che probabilmente non arriveremo a nulla di tutto questo, per tutta una serie di motivi che rendono questo desiderio intangibile e irrealizzabile. Si tratta degli italiani A Tergo Lupi, e dei britannici Dead Space Chamber Music e Hawthonn. In passato ho molto corteggiato Dagger Moth, anche vista la confidenza con Sara Ardizzoni, ma ho capito, strada facendo, che si tratta di un progetto che deve mantenere il suo essere solitario per funzionare al meglio. Ci sono altre realtà che mi piacciono tantissimo ma che penso siano di un livello superiore a quello che posso rappresentare io, per cui mi tengo i gusti personali e lascio stare. Giusto per fare un nome Dalila Kayros.

In questo periodo storico è meglio spingere il formato digitale o rivolgersi a una nicchia che acquista i formati fisici pur sapendo di non ottenere un grande ritorno economico?

Odio il digitale. Quando posso, quando cioè anche il gruppo è d’accordo, metto l’album in free download. O nel peggiore dei casi lascio lo streaming, senza proporre il download a pagamento. Sarò ottuso, sarò antico, ma non riesco a concepire l’acquisto degli mp3. Che tra le altre cose ti arrivano in abbinamento, senza costo aggiuntivo, quando acquisti il CD. Ne faccio una questione per certi versi ”politica”, che mi spinge a diffondere quanto più gratuitamente possibile la musica digitale, un po’ come se fossimo su un sito in cui si scaricano gli album illegalmente. Sono dell’idea – folle – che tanto se una persona è interessata al disco lo compra anche se glielo offri in download gratuito. O per lo meno è stato così finora per le uscite di Toten Schwan. Per quello invece che riguarda la vendita dei CD il ritorno dipende sostanzialmente da due cose. Lo vendi bene, e a volte benissimo, se la band ha una fanbase solida che compra, non dico a prescindere ma quasi, come ad esempio per gli Hate&Merda, che fanno dischi di qualità che si danno via bene, ma che andrebbero lo stesso anche se avessero una qualità inferiore. Oppure se la band suona molto dal vivo. In questo secondo caso darli via è molto più facile e immediato. Se mancano entrambe le cose è un rischio, ma a volte rischiare è l’unica cosa che mantiene vivi.

Progetti per il futuro.

Il futuro mi spaventa. È imprevedibile. Cerco quindi di farmi trovare pronto per qualunque evento possa accadere, consapevole però che qualunque strategia possa mettere in atto sarà sempre e comunque inutile perché non sarò io a decidere quale destinazione prendere. Questo sul piano personale. Restando su Toten Schwan, da qui a fine anno non ci saranno altre uscite. Mentre nei primi mesi dell’anno nuovo sono in arrivo [Gennaio] il nuovo album di Naresh Ran Praesens [TSR 144] che uscirà in cassetta, CD e vinile colorato 12”, e [Marzo] il doppio album dal vivo dei Putan Club Filles d’Octobre [TSR 140] in doppio vinile 12” gatefold. Ma il vero grande progetto per il futuro è quello di portare Toten Schwan fuori dai social network. Questa la sfida per l’anno che verrà. Ho da poco ultimato e pubblicato il sito ufficiale contenitore che sperò riuscirà sostituire tutto quanto, e a diventare l’unico punto di riferimento a cui guardare. L’esperimento social network ha fallito – almeno per quello che mi riguarda. Di sociale non c’è assolutamente nulla. C’è solo sporcizia. E io sono allergico alla polvere.

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Appuntamento al prossimo numero di Rapide!

Contaminati.


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